storia Ghezzi Faber

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Per gentile concessione del periodico Famiglia Cristiana, nei panni del direttore comunicazione Mauro Broggi pubblico l'articolo intervista a Dori Ghezzi su come è nata la storia d'amore con Fabrizio De André.

MUSICA
DORI GHEZZI RACCONTA IL "SUO" FABRIZIO DE ANDRÉ


RICORDANDO "FABER"

Ha raccolto 54 canzoni tra le più belle del marito nella raccolta In direzione ostinata e contraria. E qui racconta la sua vita con lui, l'amore, il sequestro, la gioia dei figli.
 

In direzione ostinata e contraria. È il titolo di una raccolta di 54 tra le più belle canzoni di Fabrizio De André, curata da Dori Ghezzi, sua moglie e compagna "forte" dei 117 giorni terribili del sequestro in Sardegna, che ha concretizzato così, in un grande atto d'amore, una minuziosa ricerca "archeologica" per rendere omaggio all'artista più prolifico del nostro panorama musicale.

La grande intuizione di Dori è stata quella di recuperare il suono originale che avevano le canzoni quando vennero incise la prima volta. È nato così, dopo mesi di alchimie, questo imperdibile omaggio a "Faber" (così lo chiamavano gli amici), un vero e proprio romanzo diviso in 54 canzoni.

Dori, che è stata aiutata dall'amico di sempre, il maestro Gian Piero Reverberi, non ama pubblicizzare il suo omaggio al marito né il suo impegno nella fondazione onlus a lui dedicata e se ha accettato di incontrarmi è perché siamo da sempre molto amici. Altrettanto amichevole era il mio rapporto con Fabrizio. Loro non si conoscevano ancora ma io, separatamente, già li frequentavo. Per Dori il tempo si è fermato, così, quando la incontro, mi ritrovo davanti la biondina dolce ma volitiva che spopolava nelle hit parade degli anni Sessanta.

· Come hai conosciuto Fabrizio?

  • «Ci siamo incontrati la prima volta nel '73 su un palcoscenico per un concerto. Poi una sera ci siamo incontrati per caso nello stesso ristorante: ognuno in compagnia di un'altra persona. Mi sono accorta che lui mi guardava e allora mi sono detta: "Se te ne sei accorta, allora vuol dire che anche tu lo stai guardando". Però non era ancora scattata la scintilla. Era il 1974, che sarebbe diventato il "nostro anno" e, ancora per caso, ci ritrovammo in casa di amici: c'erano Mina, Ornella Vanoni, Gino Bramieri, Fabrizio e io. Mina disse a Fabrizio: "Perché, tu che scrivi canzoni solo per te stesso, e noi te le rubiamo, per una volta non dedichi una canzone a una di noi?". E Fabrizio rispose: "Se mai dovessi scrivere per una donna, scriverei per Dori...". In quel momento mi sentii arrossire».

· Te l'ha dedicata una canzone?

  • «Una canzone dichiaratamente no, ma sono sicura che l'abbia fatto con il Valzer per un amore che si conclude con il verso: "E per questo ti dico amore, amor io t'attenderò ogni sera, ma tu vieni, non aspettare ancor, vieni adesso finché è primavera"».

· E l'incontro decisivo?

  • «Una notte di capodanno. Io canto al Lido di Genova: guardando dal mare verso la collina vedo una casa illuminata: mi dicono che è la casa di De André... Finisco la serata e verso l'alba salgo i gradini per arrivare alla macchina quando calpesto una moneta da 50 lire e mi dico: "Se a Genova, dove sono così attenti ai soldi, nessuno l'ha raccolta, allora questo è un segno". L'amuleto provoca subito un nuovo incontro: vado alla Phonorama, la più importante sala di registrazione milanese e mi dicono che in una delle salette c'è Fabrizio che incide Valzer per un amore e poco dopo, al bar, arriva proprio lui che mugugna qualcosa sinché non decidiamo di scambiarci i numeri del telefono. Mi saluta dicendo: "Domani ti chiamo". Credevo fosse il tipico "le faremo sapere"; invece il giorno dopo mi chiama davvero».

· E che cosa accade?

  • «Cominciamo a parlarci e a vederci sempre più spesso, ma restiamo solo buoni amici. Lui non mi ha mai detto una parola d'amore, ma i suoi silenzi diventano sempre più eloquenti. Morale: nasce un amore grande, grande per davvero...».

Lei, intanto diventa sempre più popolare. Con Casatchock vende un milione di dischi e insieme andiamo a Mosca, dove Dori passeggia con una palandrana dalla quale spunta una minigonna, e i soldati che si preparano alla parata del 1° maggio le lanciano occhiate di stupore e apprezzamento. All'albergo si sparge la voce che è arrivata Brigitte Bardot e la gente si accalca. Quando l'ho raccontato a Fabrizio ci siamo fatti delle grandi risate.

«Pensa che Fabrizio la Bardot l'ha conosciuta e frequentata a Saint-Tropez... ma l'ho saputo solo leggendo un libro del playboy Gigi Rizzi».

· Intanto tu accumuli successi: vinci Canzonissima cantando in coppia con Wess Con chi stai con chi sei...

  • «Ma proprio quella sera la Rai fa sciopero e così la puntata non va in onda e la nostra vittoria viene annunciata solo nel Tg della notte!».

· Fai qualche Sanremo, la tua voce diventa sempre più "importante". Poi, nel '90 decidi di ritirarti. Come mai?

  • «Sentivo che quel mondo con me non c'entrava più. Dopo tanti guai avevo voglia di normalità. Nel 1976 rimango incinta, lo dico a Fabrizio e ho la sensazione che la notizia gli crei un po' di disagio. Allora decido di sparire. Vado in Canada e ci rimango. Ma lui mi telefona. Dice che quel figlio lo desidera tanto: o torno io o lui viene in Canada... Torno e nasce Luvi, nome che è formato dalle iniziali delle due nonne, Luisa, mia mamma e Vittoria, quella di Fabrizio. È bellissima, ha il carattere del padre e anche un po' del suo talento. Ha cantato con lui nel suo ultimo concerto. Così come nel disco c'è un duetto inedito con Cristiano, il figlio che Fabrizio ha avuto dal precedente matrimonio».

Poi il rapimento. Quei 117 giorni terribili, tenuti legati. Ha scritto Fabrizio: «Vivere a fianco per 24 ore al giorno legati, senza Dori, sarei probabilmente morto di alcol, di pessimismo, di dolore o semplicemente di autodistruzione».

· E quindi vi sposaste...

  • «Sì, a Tempio Pausania, il 7 dicembre l989. Quattro anni prima era scomparso il papà di Fabrizio che, prima di andarsene gli aveva fatto promettere di non bere più. E Fabrizio ha mantenuto la promessa. Peccato che il papà, accanito fumatore, non gli avesse fatto promettere di smetterla anche con le sigarette. Fabrizio se n'è andato per colpa del tabacco. Non ha voluto trovare la forza di smettere».

· Non rimpiangi di aver rinunciato a qualcosa per amore di Fabrizio?

  • «No, lui è stato un compagno di viaggio straordinario. Un'occasione l'ho persa, ma solo per colpa mia: mi aveva telefonato Alberto Sordi perché voleva affidarmi il ruolo di sua moglie nel film Finché c'è guerra c'è speranza, interpretato e diretto da lui. Chiesi al mio agente, che allora era Ivo Calligari – lo scopritore di Caterina Caselli – di accompagnarmi. Arrivò con un tale ritardo che Sordi lo incrociammo nell'atrio dell'albergo con la valigia in mano: doveva prendere un aereo e non poteva più aspettare. Era il fatidico l974, l'anno in cui è successo tutto. Poi Alberto mi ha telefonato e, una sera, a una sua festa, tra le centinaia di stelle del cinema e della canzone, dello sport e della televisione mi scattò una foto con la polaroid e me la dedicò. Per un attimo lo scapolone mostrava cenni di debolezza? Ma per me era solo un gioco. La mia realtà era Fabrizio».
     

Gigi Vesigna
 

 

LA NINA CANTATA DALL'AMICO BICIO

«Ho visto Nina volare tra le corde dell'altalena...». Esiste davvero Nina ed è esistita anche l'altalena: chi la spingeva, Fabrizio De André, ha conservato per oltre cinquant'anni il ricordo di quei giorni felici prima di raccontarli in una delle canzoni dell'ultimo disco inciso con Ivano Fossati nel 1996, Anime salve. Lei, Nina, ha saputo della canzone quando ha visto il video in Tv: «Sono rimasta pietrificata. Non vedevo Fabrizio da quando avevamo 14 anni».

Fabrizio arrivò con la sua famiglia a Revignano, la frazione di Asti dove Nina ha sempre vissuto, nel 1942. Erano sfollati. Il papà di Fabrizio acquistò una cascina e lì "Bicio", come lo chiamavano tutti, fece amicizia con Nina. «Erano anni duri. E poi c'erano i bombardamenti. Una volta eravamo in un prato io, Fabrizio e mia madre, quando sopra le nostre teste passarono alcuni cacciabombardieri. Ci buttammo a terra, abbracciati forte l'uno all'altra».

L'altalena della canzone si trovava sotto il portico della casa del mezzadro, l'uomo della canzone che «mastica e sputa, da una parte il miele, mastica e sputa, dall'altra la cera».

«Aveva un'arnia», ricorda Nina. «Eravamo bambini, si giocava ai fidanzatini, a volte litigavamo anche. Una volta Fabrizio mi disse: "Se mi fai arrabbiare troppo non ti sposo più". Si vede che l'ho fatto arrabbiare troppo».

Ma nel 1997 Fabrizio le fece una bellissima sorpresa: «Si presentò qui, senza dirmi niente. Voleva rivedere i luoghi dov'era stato da bambino. Mi promise che sarebbe tornato con Dori e i figli. Purtroppo non ce l'ha fatta. Ma "Bicio" resterà per sempre nel mio cuore».

Eugenio Arcidiacono