inviato il 7 Feb 2001 autore: SECUNDUS
Mastica e sputa. I maestri mi dicevano che fare. Ne ho avuti di veri, di improbabili, di sedicenti. Qualcuno mi ha parlato lungo sere indimenticabili, seduti in faccia al mare, con
la schiena al muro del convento. L'avevo cercato, mi ha donato un dubbio, un sorriso, la conversazione schietta di chi ti accompagna per un tratto di strada e poi ti guarda da lontano, con occhi rispettosi e amore vigile.
Qualcun altro, non richiesto, ha sbagliato il tempo, il luogo, le parole. Non lo avevo cercato, non mi sarei mai fidato, non mi sono fidato. Più che darmi il suo tempo, si è preso il mio, senza assenso. Gente consumata nel
farsi dar retta, che non ha mai masticato né sputato, se non sentenze. Però anche quelli ti segnano il cuore.
Intanto, vedevo Nina volare. Mio padre non ha saputo. Mia madre neppure.
Chi li indovina i pensieri di un
figlio? E Nina fra le corde dell'altalena era, è stata le mille ragazze, le mille donne che hanno attraversato il silenzio dolente del mio desiderio. La loro bellezza faceva da ipostasi al sogno dell'altrove, o del
"se tu fossi qui", che è lo stesso. Ho visto Nina volare nei corridoi di un liceo, in una notte di ferragosto in montagna, su una
spiaggia di mare lontano; l'ho vista in qualche estate di città tedesca; nei
pomeriggi del sabato lombardo fra vetrine e porfido, nelle domeniche mattinafuori da messa.
Mastica e sputa. Anche il lavoro è masticare e sputare. Rigorosa
disciplina dei giorni. Io per mestiere racconto. Al mattino.
Pomeriggio e sera per trovare cosa raccontare, e come. Leggere. Ascoltare. Scrivere.
Correggere. L 'anima di un insegnante è questo, è un luogo di passaggio. L'insegante riceve, mastica, ripropone. Racconta quel che
sa e che va imparando. Ma sa poco, e impara soprattutto mentre insegna. Non siate severi nel giudicarlo, vive del suo povero talento, vive di grammatica e poeti perché ama la grammatica e i poeti: in fondo, l'una consente
di parlare e scrivere, gli altri di capire, gioire e soffrire senza sentirsi soli.
Intanto, Nina volava. Mi ha insegnato che le donne, quelle vere, amano; gli uomini forse no: anche quelli migliori, più spesso
desiderano o rimpiangono.
Da Penelope in poi, la letteratura conosce grandi amori femminili; quelli maschili sono più spesso in absentia, perché non c'era Beatrice, non Laura, non Silvia. Nina, invece, alla fine l'ho
avuta, è scesa dall'altalena, ha assunto la concretezza delle persone che ti respirano accanto, ti ascoltano e ti accarezzano i capelli. Mi ha dimostrato che talvolta la malinconia degli amori ricambiati è ben più profonda
di quelli respinti, ma senza Nina non avrei mosso un passo, non avrei compiuto nulla, nemmeno questo confuso, contraddittorio, irrisolto percorso.
Mastica e sputa. Nelle pause, l'incanto del cinema, l'umanità
del
teatro, la fervida passione plebea della tribuna di provincia, amore di campanile, freddi pomeriggi in attesa di un goal. Della mia città, che non abito, non mi resta che quello, il legame con la squadra di calcio. Il
resto è di case vissute ora da chissà chi: dove stavano i vecchi della mia famiglia, ora c' è un ufficio, uno studio, un cognome astruso. Così, se torno, l'unico luogo che non mi chiede un Requiem e in cui posso
illudermi di trovare qualcuno ad attendermi, è il vecchio stadio comunale.
Ma Nina volerà sempre. In qualsiasi amore, se vissuto o vagheggiato non importa. La sua canzone di confine sarà ogni volta come un inno
all'ardua bellezza della vita. Il miele che ci hai dato, ha scritto un poeta parlando a Dio o a chi per lui, era in cima ad una spada. Verissimo. Per fortuna, ho visto Nina volare.
---- postato da Franco Senia il 9/3/2004
il post risale dicembre 1999 e non so se sono ancora d'accordo con quanto scritto allora. Ad ogni modo, fare un copia&incolla costa davvero poco.
mmm... se non ricordo male, ci sono già stati, in passato un paio di "threads" su questo argomento. Qualcuno aveva visto il "videoclip".
Di cosa parla "Ho visto Nina volare"?
Ci siamo trovati d'accordo solo sul fatto del "mastica e sputa".
Il "mastica e sputa....." parla del suggere il miele dai favi delle api. Cosa che, in certe campagne, i bambini fanno.
Per quanto riguarda la storia, credo che fabrizio ci parli di un incesto.
Crudamente.
Il fratello maggiore, alle soglie dell'adolescenza, guarda la sorellina sull'altalena.
Poi c'è la paura dell'essere scoperto dal padre.
Il proposito, se questo avverrà, di fuggire, imbracandosi.
Ma oramai ha deciso.
Lo farà comunque. La prenderà "come fa il vento, quando ti prende alla schiena".
Il richiamo all'ombra, la parte oscura, cui è inutile mostrare il coltello. Anche la "maschera di gelso"
non serve a reprimere il proprio essere animale.
Quello che deve compiersi si compierà, prima che venga l'inverno.
E poi si andrà a scoprire chi è che accende i fari sul mare, e, anche chi accende le stelle.
Ma prima il destino deve compiersi!
Naturalmente è solo un'interpretazione.
salud
-- Franco Senia --