La buona novella

(postato sul ng il 23/05/1999 alle ore 19:25) autore: RED

Premetto che La buona novella non mi ha mai entusiasmato, sicuramente a causa della mia avversione al clero.

Tre madri come sai e' la rappresentazione del dolore delle madri dei crocifissi sotto il Calvario. Perche' pur essendo Gesu' la vittima piu' illustre della crocifissione, ci furono due altre persone a subire questa atroce pena: Tito, il ladrone "buono", e Dimaco, il ladrone "cattivo". Come disse De ANdre', chissa' poi perche' uno era buono e l'altro cattivo....

Comunque, tre uomini muoiono, e tre madri soffrono per i loro figli in croce. E gia' l'inizio "Tito non sei figlio di Dio ma c'e' chi muore nel dirti addio" sta a rappresentare il valore assoluto che De Andre' da alla vita umana: non importa se uno e' un ladro o e' figlio di un Dio: siamo comunque tutti uomini e la nostra vita, cosiccome la nostra morte, vale come quella di qualunque altro. Anzi, Maria ha meno motivi delle altre due madri di piangere, perche' essendo suo figlio il figlio di Dio, dopo tre giorni avra' la possibilita' di risorgere, possibilita' negata ai comuni mortali come i due ladroni. "Lascia a noi - madri di uomini mortali - piangere un po' piu' forte chi non ritornera' dalla morte"; come a dire: Maria, tu rivedrai tuo figlio risorto, noi no.

Ma Maria non piange il Dio, piange suo figlio come uomo, uomo dalle braccia e dal volto magro, un figlio normale, il SUO figlio, quello di una madre comunissima. Gesu' lo sente come figlio "nel sangue e nel cuore", non lo vede come Dio, per lei e' solo il frutto del suo ventre e non il profeta in cui gli altri cercano il Paradiso, ed ha diritto di piangerlo adesso che e' ancora uomo, perche' quando risorgera' sara' Dio e non le apparterra' piu'.
Ed infatti, la bellissima ultima strofa finale dice "Non fossi stato figlio di Dio ti avrei ancora per figlio mio", come a volersi rammaricare di un figlio cosi' "speciale" (scusa il termine), che non sara' mai "suo" come quello di tutte le altre donne, ma frutto del volere divino.

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(postato sul ng il 24/5/99 alle 00:01) autore: EXEBOR

Ritenere "clericale" La buona novella ci vuole un bel coraggio... anch'io sono ateo, un ateo gnostico, la buona novella si basa sulle conoscenza più o meno profonda dei vangeli aposcrifi, come già detto in una discussione in questo NG.
E' una grande opera per la sua liricità e la sua interpretazione, in base alla quale, visto come ti sei definito, doveresti apprezzarla molto di più.
Fabrizio non vede , facendola molto sintetica, Gesù come figlio di dio, ma come un semplice essere umano, il che è decisamente rivoluzionario se si riflette agli anni in cui è stato scritto e quindi ben poco, anzi per nulla clericale. Dovresti riascoltarla più attentamente e leggere almeno le note contenute sulla copertina dell'album, forse cambieresti idea...

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postato sul ng il 7.01.2000 autore: RICCARDO VENTURI
titolo originale: IL TESTAMENTO DI DIMACO

Genti diverse, da tutti gli angoli della Terra, e mai uno straccetto di dio che fosse qui accanto a me. E pensare che ci credevo pure, che mi avevano insegnato a crederci con vuoti atti, con storielle edificanti, con recite, con la preghierina della sera. E com'è possibile credere, dovrei farlo nel salire l'ennesimo Calvario d'una vita? Ne ho saliti tanti, non sarà che l'ultimo. Non avrò altro dio all'infuori di te, e avrei fatto a meno anche di questo.
E se ho nominato il tuo nome, è stato, quasi sempre, un intercalare.
Spesso neanche malevolo, indifferente sempre. Indifferenze ai tuoi paradisi, ai tuoi inferni; mi son sempre bastati i miei qui nel mondo.
Non posso dirti neanche "non mi buttare per questo la croce addosso"; me l'hanno buttata eccome.

Ma mio padre, io lo onoro anche senza i tuoi comandamenti, senza la tua legge. Lo onoro per quel che è stato, per nulla di più e per nulla di meno; onoro il suo tacere e il suo parlare, onoro i suoi sbagli che sono stati anche i miei. Lo sbaglio di credere in troppe cose che si sono accavallate l'una con l'altra, per poi sortir fuori in una melma che è più pesante di questa croce che mi porto addosso. Non onorerò né un bastone, né bacerò una mano. Mio padre non ha mai camminato col bastone e non l'ho mai baciato. Quando gli si è fermato quel cuore malandato che aveva, madre, ho imparato il dolore.

E le feste mi danno noia, come quelle appena finite, con i soliti lustrini, le solite fandonie; i visi dei cavalieri e dei pontefici, le solitudini del mondo trasformate in tragiche gag. Ascolta, se hai orecchi; non le avrei santificate le tue feste neanche se avessi creduto in te. Non sarei stato "solidale", e non sarei stato neanche buono. Ma quante volte hanno scambiato la bontà con l'arrendersi alla menzogna, quante volte; e neanche i bambini dovrebbero essere buoni, dovrebbero essere quelle simpatiche carogne che è giusto che siano.
Nella calza dell'ultima Befana ho trovato del carbone che sapeva di rabbia, dei dolci che sapevano di sudore.

E sarei un ladrone. S'immagina un ladro enorme, con delle mani come badili, la barba lunga, le spalle da scaricatore; ma è solo l'accusativo latino di latro, latronis. Latronem. Ladro deriva dal nominativo. Eccola qua, facitore di comandamenti; sul Golgota con la croce, accanto a 'sto poverocristo e a quell'altro che imparerà l'amore, un ultimo pensiero all'origine delle parole. Perché io ho rubato parole, ho rubato versi, ho rubato pensieri. Ma ho cercato di restituirli sempre, e se non l'hanno capito vadano al diavolo. Tanto non esiste neanche lui.

Come si chiamava quel tizio che spargeva il seme per terra, ovvero si tirava delle belle seghe? Onan? Onan il Barbaro? E così è nato l'onanismo, e sempre 'sto seme di mezzo. Grazie a te e ai tuoi colleghi, un umanissimo atto d'amore e di piacere s'è trasformato nel metro della purezza e dell'impurità. Mi domando, se è vero che ci hai creato, perché tu l'abbia fatto. Potevi tenerti gli elefanti, le rane, gli ippopotami, i criceti. Ah già, dimenticavo; saremmo a tua immagine e somiglianza. Dobbiamo riprodurti, insomma. Perpetuarti. Ci entri nelle camere da letto, sui sedili della macchina, in una tenda, ovunque; tanto c'è il libero arbitrio. E che credevi, che non ne approfittassimo?

E non si dovrebbe ammazzare; e ora che mi stanno facendo, eh? Mi stanno portando a fare una gita in collina assieme a questi due compagni di viaggio, uno dei quali si dice tuo "figlio"? Je n'ai jamais tué, jamais violé non plus, y a déjà quelque temps que je ne vole plus...oh scusa, mi canticchio anche Brassens, una canzone che si chiama "Il Miscredente"...e insomma, caro il mio fai-e-disfai, che dici di non ammazzare e poi fai ammazzare milioni di persone nel tuo nome...bella prova, complimenti! Sai, fra un paio di millenni verrà fuori uno che te le canterà 'ste cose, che canterà questa storia. Si stamperà nella mente di molti.

E poi basta, a che serve continuare? Non mi ricordo se abbia mai testimoniato o giurato il falso, ho amato tre donne di cui una mi ha tradito metodicamente,  facendo finta sempre di pentirsene; ma era la sua vita e la sua libertà. Non le avevo mai chiesto di pentirsi, però; ogni tanto aveva una specie di crisi mistiche. E quella che ho adesso, non mi è mai passata neanche per l'anticamera del cervello di tradirla; e non mi sarebbe neanche passato in futuro, se qualche sinedrio d'ogni epoca m'avesse permesso di vivere la mia vita qualsiasi. La roba degli altri l'ho desiderata eccome, altrimenti non avrei fatto il ladro, Anzi, il ladrone. Un ladrone innamorato.

Ma adesso che viene la sera ed il buio, sento un gran male in tutto il corpo. Ma non venitemi a raccontare storie, in questo momento. Ma quale dolore dagli occhi verrebbe tolto con dei chiodi conficcati nelle mani e nei piedi, con le ossa che si spezzano poco a poco soffocadoti? Madre, quale amore dovrei imparare vedendo me e questi due disgraziati qui accanto che provano le stesse cose? Ma non stare lì a piangere, prendi una spada, falli fuori tutti quanti 'sti pezzi di merda! Vai a chiamare un po' di gente e tiraci giù prima che sia troppo tardi!
Io voglio vivere, lo capisci?
Non voglio diventare un pezzetto d'un vangelo apocrifo, e neanche d'una canzone di Fabrizio de André.