Il Pescatore

(postato sul ng il 19/7/99 alle 20:23) autore: LISA


E dai, ragazzi, e' vecchia, questa e' stata discussa mille volte!...
Secondo me il pescatore non e' affatto morto, e non e' nemmeno un dispettoso insuperbito che ghigna per la soddisfazione di averla messa nel sacco ai poliziotti! E' solo un vecchio stanco, sfinito, magari anche un po' rimbambito, che aspetta il tramonto sulla riva del mare, senza temere piu' nulla e senza giudicare piu' nulla.
Nell'assassino in fuga ha visto solo un disgraziato che gli chiedeva un po' di pane, e gliel'ha offerto volentieri, senza approfondire niente, e senza dare nessun particolare significato alla cosa, e regalandogli -senza manco
saperlo- un momento di calore umano e di nostalgia di una vita "normale" ormai perduta. Alle domande incalzanti dei gendarmi e' semplicemente indifferente, un po' perche' non si e' nemmeno reso conto bene che il tizio fosse in fuga, un po' perche' le dinamiche della societa', della giustizia e dell'autorita' non gli interessano piu', fa fatica a capirle e le trova vacue e artefatte... il fatto che il solco lungo il viso ci sia PRIMA e DOPO allo stesso modo, vuole dire proprio che da quelle vicende e' stato segnato molto poco! quanto al simbolismo cristiano del pane e del vino, e dell messaggio positivo di esortazione alla pieta' umana al di sopra di ogni cosa senza doppi fini e senza nessun bisogno di ostentazione, rimando a un'altra canzone, di un altro laico d'acciaio, ma profondamente spirituale nel senso piu' lato possibile del termine, il solito citatissimo Georges Brassens; canzone in cui si elencano, di fatto, una serie di riferimenti a virtu' di pieta' e di affetto considerate cristiane, ma in realta' anche appannaggio di chi religioso non e', citando volutamente riferimenti diretti a passi evangelici (avevo fame e mi avete nutrito, avevo freddo e mi avete aperto la porta, ero carcerato e mi avete visitato, e simili...)
Ora la schiaffo qui brutalmente con un cut&paste, accenti francesi compresi, magari domani se ho tempo posto anche la traduzione, ma se qualcuno ce l'ha gia', o puo' arrangiarle molto meglio di me, e' il benvenuto!   Anche qui ci sono quanche pezzo di pane, dei gendarmi e un sorriso....

                            CHANSON POUR L'AUVERGNAT
                              
                            Elle est à toi cette chanson
                         Toi l'Auvergnat qui sans façon
                         M'as donné quatre bouts de bois
                        Quand dans ma vie il faisait froid
                        Toi qui m'as donné du feu quand
                         Les croquantes et les croquants
                         Tous les gens bien intentionnés
                         M'avaient fermé la porte au nez
                         Ce n'était rien qu'un feu de bois
                         Mais il m'avait chauffé le corps
                         Et dans mon âme il brûle encore
                          A la manièr' d'un feu de joie.

                        Toi l'auvergnat quand tu mourras
                        Quand le croqu'mort t'emportera
                          Qu'il te conduise à travers ciel
                                Au père éternel.

                            Elle est à toi cette chanson
                           Toi l'hôtesse qui sans façon
                        M'as donné quatre bouts de pain
                         Quand dans ma vie il faisait faim
                         Toi qui m'ouvris ta huche quand
                         Les croquantes et les croquants
                         Tous les gens bien intentionnés
                          S'amusaient a me voir jeûner
                        Ce n'était rien qu'un peu de pain
                         Mais il m'avait chauffé le corps
                         Et dans mon âme il brûle encore
                         A la manièr' d'un grand festin.

                         Toi l'hôtesse quand tu mourras
                        Quand le croqu'mort t'emportera
                          Qu'il te conduise à travers ciel
                                Au père éternel.

                            Elle est à toi cette chanson
                          Toi l'étranger qui sans façon
                         D'un air malheureux m'as souri
                        Lorsque les gendarmes m'ont pris
                         Toi qui n'as pas applaudi quand
                         Les croquantes et les croquants
                         Tous les gens bien intentionnés
                           Riaient de me voir emmener
                         Ce n'était rien qu'un peu de miel
                         Mais il m'avait chauffé le corps
                         Et dans mon âme il brûle encore
                          A la manièr' d'un grand soleil.

                         Toi l'étranger quand tu mourras
                        Quand le croqu'mort t'emportera
                          Qu'il te conduise à travers ciel
                                Au père éternel.



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(postato sul ng il 22/7/99 alle 13: 01) autore: LISA

> Ma il francese, chi lo sa?...

Io veramente poco, lo stretto necessario per farmi spiegare un po' di queste canzoni, comunque questa la conosco, vedo di tirar fuori quello che mi ricordo:

E' per te questa canzone, tu, l'Alverniate ( = abitante dell'Auvergne, regione della Francia) che, senza farlo pesare, mi donasti quattro pezzi di legno, quando, nella mia vita, ho sofferto il freddo. Tu che mi hai donato del fuoco quando la gente ipocrita ("croquant" e' un po' intraducibile, vuol dire la "brava gente", quella borghese e benpensante, la solita...), tutte le persone per bene, mi avevano chiuso la porta in faccia. Non era altro che un po' di fuoco, ma mi scaldo' il corpo, e nella mia anima splende ancora come un grande falo' di festa.

Tu, l'Alverniate, quando morirai, quando il becchino ti accompagnera', che tu possa essere condotto, attraverso i cieli, fino al Padre Eterno..

E' per te questa canzone, tu, l'Ostessa, che, senza farlo pesare, mi donasti quattro pezzi di pane, quando, nella mia vita, ho sofferto la fame. Tu che mi hai aperto la tua dispensa (huche????) quando la gente ipocrita, tutte le persone per bene, si divertivano a vedermi digiunare.
Non era altro che un po' di pane, ma mi rinfranco' il corpo, e nella mia anima splende ancora come un banchetto di lusso.

Tu, l'Ostessa, quando morirai, quando il becchino ti accompagnera', che tu possa essere condotta, attraverso i cieli, fino al Padre Eterno...

E' per te questa canzone, tu, lo Straniero (o lo Sconosciuto???) che, senza farlo pesare, mi hai sorriso con espressione triste quando i gendarmi mi avevano preso. Tu che non hai applaudito quando la gente ipocrita, tutte le persone per bene, ridevano a vedermi portar via.
Non era altro che un po' di affetto, ma mi rinfranco' il corpo, e nella mia anima splende ancora come un sole luminoso.

Tu, lo Straniero, quando morirai, quando il becchino ti accompagnera', che tu possa essere condotto, attraverso i cieli, fino al Padre Eterno..

Capisco che i riferimenti alla morte e al becchino possano lasciare perplessi, ma giuro che ascoltarla in originale e' un'altra cosa!....


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(postato sul ng il 29/6/2000 alle 15:03) autore: RICCARDO VENTURI

>Bene arriviamo al dunque:
>Ne "Il pescatore" ci vedo la figura di Gesù che come al solito,
>rivoluzionando leggi e pensieri, si mette dalla parte della "vittima".

Dunque, di prim'acchito mi verrebbe da dire che hai senz'altro ragione nel vedere nel "Pescatore" una sorta di parabola evangelica; d'altronde, non sto neanche a dire che cosa rappresenti il Pescatore nella simbologia cristiana (basterebbe nominare che Gesù scelse gli Apostoli quasi interamente tra pescatori, ai quali disse che li avrebbe resi "pescatori di uomini"); e si ritrova, nella canzone di Fabrizio, anche la contrapposizione nei confronti della giustizia umana. Il Pescatore si comporta effettivamente come Gesù nei confronti della Maddalena, con un moto di ribellione nei confronti della cosiddetta "giustizia umana" (i lapidatori, i gendarmi) e con un gesto d'amore e di "simpatia" (nel senso letterale del termine: "syn-pathos", la "compassio" latina, il soffrire le stesse cose) verso una creatura debole, perseguitata, emarginata. Un "ultimo", insomma.

>Mi sembrerebbe tanto chiaro da non avere praticamente dubbi se non
>sapessi che De Andrè "usciva dai binari" anche nel campo della fede.


Anche Gesù, se ci pensi bene, usciva clamorosamente fuori dai "binari" della fede.
Prima di tutto, nel contesto ebraico: ad esempio, stravolge completamente il concetto di giustizia divina (fino ad allora francamente intesa come tribunalizia), inserendo invece in essa dei criteri inauditi come il perdono, la carità e una giustizia basata su un'autentica comprensione dell'altro.
Gesù, inoltre, compie un altro atto rivoluzionario che, a mio parere, non è mai stato sottolineato abbastanza: nella fede, nel suo presupposto essere "divino", inserisce una vena neanche troppo velata di umanissima ironia. Si pensi sempre all'episodio della Maddalena, quando se ne sta tranquillo a disegnare figure per terra in mezzo al baccano e ai bruciori integralisti dei "custodi della vera fede", per poi alzare solo lievemente lo sguardo e freddare tutti con il celebre "O me amartánon ton proton lithon eisbaléto". Quest'immagine, fra l'altro, mi sembra identica al gesto del Pescatore che "dischiude gli occhi al giorno" e "non si guarda neppure intorno".
De André "esce dai binari" con una guida ben precisa, niente affatto in contraddizione con l'autentico messaggio evangelico. Che poi abbia chiarito più volte il suo considerare Gesù esclusivamente come una figura umana, dai prodromi di "Si chiamava Gesù" alla "Buona Novella", è un dato di fatto; andando ancora indietro, De André, se ci pensi bene, è quello che ha invitato Dio del cielo a scendere sulla terra, se ci vuole (Spiritual).
 
>Sinceramente non lo immagino  parlare del pane e del vino intesi quali
>Pane e Vino. La sua religiosità, a detta sua, era molto più globale e
>non si riconosceva nei termini canonici classici.


Nel "Pescatore" vedo il messaggio, molto chiaro, che in Dio a volte ci si imbatte anche se non lo si va a cercare.
È, ad esempio, il mio preciso caso.
L' "assassino", nella sua fuga, si trova a fermarsi e ad aver bisogno di certe cose che, a rigore, avrebbero potuto essere tranquillamente ed autenticamente anche un pezzo di pane e un sorso di vino perché la fuga con gli sbirri alle calcagna è dura, e a stomaco vuoto si va poco avanti.
A questo punto, il ricorso alla simbologia evangelica (sul quale, ripeto, non sembra neppure a me che sussistano dubbi: nella canzone, cavolo, si "versa il vino e si spezza il pane", e questa è l'Eucaristia...) è praticamente naturale, se, naturalmente, lo si vede nell'ottica rivoluzionaria che è comunque tra gli intenti del Poeta.
La giustizia umana viene soverchiata; il fuggitivo si sfama, si disseta e riceve un momento d'attenzione e d'importantissimo calore, mentre mi piace immaginare -anche se De André non lo dice- che il Pescatore completi l'atto rivoluzionario depistando i gendarmi nella direzione sbagliata...
(Senza magari dimenticare che fra le "vittime" ci potrebbe pure essere quello che è stato ucciso dall'assassino....ma anche qui De André tace).

>Eppure la storia di questo testo sembra proprio una parabola del
>Vangelo.


Di un Vangelo laico, senz'altro.
"Laico", si badi bene, non come contrapposto a "religioso" o "divino"; "Laico" come "popolare" (laós). De André appare qui come un vero interprete di un certo tipo di coscienza popolare, che ha sempre visto la "giustizia" -umana, ma, spesso, anche "divina"- esclusivamente come un'oppressione. Non mi ricordo quando, avevo detto che la scena del "Pescatore" mi ricorda da vicino anche una pagina del "Pinocchio", quando, dopo la lotta coi compagni sulla spiaggia durante i quali ne ferisce gravemente uno (> L' Assassino), viene inseguito dai Gendarmi e dal cane Alidoro e va a cadere nelle grinfie del Pescatore Verde (> Il Pescatore) che, al contrario di quanto si può credere, ha verso di lui un moto di "caritas" inusuale...

>D'altra parte in quasi tutte le sue poesie si avverte il bisogno che ha
>di parlare di Dio, spesso criticandolo e  a volte invocandolo.


De André ha un rapporto continuo e sicuramente denso con Dio. Solo che, per lui, è scevro di divinità. Gli ha tolto tutte le aurole per ricondurlo, appunto, sulla Terra. E questo fin dagli inizi: non vuole "rubare le chiavi del cielo", ma la felicità e la giustizia le vorrebbe qua su questo stramaledetto pianeta.
L'incontro con Dio, comunque, sembra sempre portare uno scambio reciproco, un momento, per l'uomo e soprattutto per l' "ultimo", di crescita e di introspezione. Si ha anche una visione più chiara del proprio passato, dei propri ricordi e delle proprie debolezze (il "ricordo di un aprile"). Me ne sono accorto fin da quando, ascoltando tanti e tanti anni fa per la prima volta questa canzone, l'ho per natura ambientata su una spiaggia dell'Isola d'Elba nella quale ho passato la mia infanzia. Ancora adesso, quando ascolto o canto il "Pescatore", la mente corre veramente a paesaggi a me noti, a situazioni forse vissute.
E questa è universalità. La Divinità è tirata giù dal cielo, e forse non si è mai capito abbastanza che, così, non sarebbe meno "divina"; anzi, forse, lo sarebbe ben di più.


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(postato sul ng il 29/6/2000 alle 17:23) autore: FRANCO SENIA

>Un parere da tutti voi ma sopratutto da Riccardo Venturi e Franco Senia.
>Quest'ultimo, che dopo averlo mal sopportato per diverso tempo(....)

"MaVi", suppongo :-). Con cui inaugurai il primo "scontro" su questo NG, parlando de "La Cattiva Strada", se la memoria non m'inganna. :-)) Ma dov'eri finito? Nascosto nell'ombra a leggere in silenzio, a giudicare da quel che dici.

>Bene arriviamo al dunque:
>Ne "Il pescatore" ci vedo la figura di Gesù che come al solito,
>rivoluzionando leggi e pensieri, si mette dalla parte della "vittima". Mi
>sembrerebbe tanto chiaro da non avere praticamente dubbi se non sapessi che
>De Andrè "usciva dai binari" anche nel campo della fede. Sinceramente non lo
>immagino  parlare del pane e del vino intesi quali Pane e Vino. La sua
>religiosità, a detta sua, era molto più globale e non si riconosceva nei
>termini canonici classici.
>Eppure la storia di questo testo sembra proprio una parabola del Vangelo.
>Daltra parte in quasi tutti le sue poesie si avverte il bisogno che ha di
>parlare di Dio, spesso criticandolo e  a volte invocandolo.
>.
>Cosa ne pensate?

Non riesco a scindere le cose, spesso.
Nel senso che ascoltarmi nella testa (o sul giradischi, il ché è lo stesso) "Il pescatore" è un tutt'uno col riandare al primo ascolto: l'estate del 1970.
Il disco fu un successo enorme, all'epoca. Lo sentivi suonare dappertutto: sulla radio (c'erano solo le tre reti della RAI), nei juke-boxes, in casa di persone "insospettabili".
Avere diciassette anni nel 1970 è cosa leggermente diversa dall'averli nel 2000, suppongo. Ed io, proprio in quel'estate, avevo appena finito il liceo. Possedevo già un "patrimonio" fatto dei dischi di fabrizio, già consumati su certi ignobili attrezzi che avevano il coraggio di chiamare "giradischi".
Avevo già comprato, in quello stesso anno, "La buona novella" e ricordo, come fosse ora, che non vi avevo avvertito alcun empito religioso, almeno nell'accezione che rivestiva all'epoca il termine "religioso". Ricordo che intendevo (e probabilmente intendo ancora) i dischi di fabrizio come un unico grande concept-album il cui principale filo conduttore era la rabbia.
Problema mio, d'accordo. Problema di una generazione nata arrabbiata.
Ma non fui il solo, di quella generazione, ad eleggerlo "fratello maggiore"!
Una rabbia, intendo, che si riversava, anche e soprattutto, contro quelle promesse che si erano rivelate inconsistenti: la cosiddetta fede, in prima fila.
Certo che c'era il discorso di dio.
Ma era stato chiuso, a mio parere. Il cielo era vuoto!

"Spiritual" e "La morte" erano state le due facce della prima moneta gettata sul tavolo della questione. Come se fabrizio ci riproponesse, rivestita di ottima musica, un vecchio cruccio teo-filosofico, e lo risolvesse a modo suo: "Non può esistere un dio che sia, allo stesso tempo, "onnipotente" e "buono" "!
"Spiritual" ce lo diceva "in allegria", quasi scherzando sul fatto che un dio che ci tiene ad essere tale, farebbe meglio a farsi vivo; ché noi di andarlo a cercare non ne abbiamo punta voglia, anche se forse di qualcosina dovrebbe renderci conto. :-)
"La morte" finiva di parlarci dell'assenza di dio, mettendo in scena quel duello, fra l'uomo e sé stesso, che è l'esistenza (un doveroso pensiero, nel dire questo, ora, a Vittorio Gasmman che lo rappresentò mirabilmente, questo duello deandreiano, in "Brancaleone alle Crociate": dormi bene, Vittorio).
Il concept-album sulla rabbia continuava, con "Tutti morimmo a stento", dove, a mio avviso, raggiungeva le vette più alte, sia in "arte" che in "rabbia", proprio nella canzone che dava il titolo all'album. Nel volume III non era certo un caso il "S'i fossi foco" di Cecco Angiolieri, un arrabbiato ante-litteram, e la rabbia continuava a sgorgare dalle ferite aperte dalle morti "stronze" di Piero e di Miché.
Ma era proprio ne "La Buona Novella" che si arrivava all'apice, della rabbia .
"Via della Croce" trasuda della rabbia dei "padri di quei neonati", fino a far alzare il tono della voce di fabrizio.
Nessun empito religioso, quindi, almeno per quanto mi riguardava.
Solo rabbia.

Ed ecco arriva l'ultimo (non certo il finale) capitolo: quello de "Il pescatore". E in quell'uomo con gli occhi socchiusi al sole riuscivo (e riesco ancora) a vederci solo un uomo. Un pescatore, per l'appunto.
Un pescatore, l'unico proletario, l'unico lavoratore, che non possiede, e non possederà mai, la fonte della sua sussistenza: il mare. Niente da perdere. Visto che il mare non è suo.
Lo sa bene chi è nato e cresciuto in una città di mare!

E allora, mi dispiace, ma non mi riesce di vedere un "dio omertoso" in quel vecchio dal viso solcato dalle rughe, che sa riconoscere i propri nemici (come sa riconoscere il proprio simile), senza nemmeno aprire gli occhi, che si nutre di pane, aiutato da un sorso di vino, perchè non possiede altro.
Un uomo, che contro il potere non riesce ad opporre altro che il suo silenzio.
Tanto, il potere, la sua lingua non la comprende!

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inviato il 29.06.2000 autore: RICCARDO VENTURI

>Bene arriviamo al dunque:
>Ne "Il pescatore" ci vedo la figura di Gesù che come al solito,
>rivoluzionando leggi e pensieri, si mette dalla parte della "vittima".

Dunque, di prim'acchito mi verrebbe da dire che hai senz'altro ragione nel vedere nel "Pescatore" una sorta di parabola evangelica; d'altronde, non sto neanche a dire che cosa rappresenti il Pescatore nella simbologia cristiana (basterebbe nominare che Gesù scelse gli Apostoli quasi interamente tra pescatori, ai quali disse che li avrebbe resi "pescatori di uomini"); e si ritrova, nella canzone di Fabrizio, anche la contrapposizione nei confronti della giustizia umana. Il Pescatore si comporta effettivamente come Gesù nei confronti della Maddalena, con un moto di ribellione nei confronti della cosiddetta "giustizia umana" (i lapidatori, i gendarmi) e con un gesto d'amore e di "simpatia" (nel senso letterale del termine: "syn-pathos", la "compassio" latina, il soffrire le stesse cose) verso una creatura debole, perseguitata, emarginata. Un "ultimo", insomma.

>Mi sembrerebbe tanto chiaro da non avere praticamente dubbi se non
>sapessi che De Andrè "usciva dai binari" anche nel campo della fede.

Anche Gesù, se ci pensi bene, usciva clamorosamente fuori dai "binari" della fede.
Prima di tutto, nel contesto ebraico: ad esempio, stravolge completamente il concetto di giustizia divina (fino ad allora francamente intesa come tribunalizia), inserendo invece in essa dei criteri inauditi come il perdono, la carità e una giustizia basata su un'autentica comprensione dell'altro.
Gesù, inoltre, compie un altro atto rivoluzionario che, a mio parere, non è mai stato sottolineato abbastanza: nella fede, nel suo presupposto essere "divino", inserisce una vena neanche troppo velata di umanissima ironia. Si pensi sempre all'episodio della Maddalena, quando se ne sta tranquillo a disegnare figure per terra in mezzo al baccano e ai bruciori integralisti dei "custodi della vera fede", per poi alzare solo lievemente lo sguardo e freddare tutti con il celebre "O me amartánon ton proton lithon eisbaléto". Quest'immagine, fra l'altro, mi sembra identica al gesto del Pescatore che "dischiude gli occhi al giorno" e "non si guarda neppure intorno".
De André "esce dai binari" con una guida ben precisa, niente affatto in contraddizione con l'autentico messaggio evangelico. Che poi abbia chiarito più volte il suo considerare Gesù esclusivamente come una figura umana, dai prodromi di "Si chiamava Gesù" alla "Buona Novella", è un dato di fatto; andando ancora indietro, De André, se ci pensi bene, è quello che ha invitato Dio del cielo a scendere sulla terra, se ci vuole (Spiritual).
 
>Sinceramente non lo immagino  parlare del pane e del vino intesi quali
>Pane e Vino. La sua religiosità, a detta sua, era molto più globale e
>non si riconosceva nei termini canonici classici.

Nel "Pescatore" vedo il messaggio, molto chiaro, che in Dio a volte ci si imbatte anche se non lo si va a cercare. È, ad esempio, il mio preciso caso.
L' "assassino", nella sua fuga, si trova a fermarsi e ad aver bisogno di certe cose che, a rigore, avrebbero potuto essere tranquillamente ed autenticamente anche un pezzo di pane e un sorso di vino perché la fuga con gli sbirri alle calcagna è dura, e a stomaco vuoto si va poco avanti.
A questo punto, il ricorso alla simbologia evangelica (sul quale, ripeto, non sembra neppure a me che sussistano dubbi: nella canzone, cavolo, si "versa il vino e si spezza il pane", e questa è l'Eucaristia...) è praticamente naturale, se, naturalmente, lo si vede nell'ottica rivoluzionaria che è comunque tra gli intenti del Poeta.
La giustizia umana viene soverchiata; il fuggitivo si sfama, si disseta e riceve un momento d'attenzione e d'importantissimo calore, mentre mi piace immaginare -anche se De André non lo dice- che il Pescatore completi l'atto rivoluzionario depistando i gendarmi nella direzione sbagliata...
(Senza magari dimenticare che fra le "vittime" ci potrebbe pure essere quello che è stato ucciso dall'assassino....ma anche qui De André tace).

>Eppure la storia di questo testo sembra proprio una parabola del
>Vangelo.

Di un Vangelo laico, senz'altro.
"Laico", si badi bene, non come contrapposto a "religioso" o "divino";
"Laico" come "popolare" (laós). De André appare qui come un vero interprete di un certo tipo di coscienza popolare, che ha sempre visto la "giustizia" -umana, ma, spesso, anche "divina"- esclusivamente come un'oppressione. Non mi ricordo quando, avevo detto che la scena del "Pescatore" mi ricorda da vicino anche una pagina del "Pinocchio", quando, dopo la lotta coi compagni sulla spiaggia durante i quali ne ferisce gravemente uno (> L' Assassino), viene inseguito dai Gendarmi e dal cane Alidoro e va a cadere nelle grinfie del Pescatore Verde (> Il Pescatore) che, al contrario di quanto si può credere, ha verso di lui un moto di "caritas" inusuale...

>D'altra parte in quasi tutte le sue poesie si avverte il bisogno che ha
>di parlare di Dio, spesso criticandolo e  a volte invocandolo.

De André ha un rapporto continuo e sicuramente denso con Dio. Solo che,
per lui, è scevro di divinità. Gli ha tolto tutte le aurole per ricondurlo, appunto, sulla Terra. E questo fin dagli inizi: non vuole "rubare le chiavi del cielo", ma la felicità e la giustizia le vorrebbe qua su questo stramaledetto pianeta.
L'incontro con Dio, comunque, sembra sempre portare uno scambio reciproco, un momento, per l'uomo e soprattutto per l' "ultimo", di crescita e di introspezione. Si ha anche una visione più chiara del proprio passato, dei propri ricordi e delle proprie debolezze (il "ricordo di un aprile"). Me ne sono accorto fin da quando, ascoltando tanti e tanti anni fa per la prima volta questa canzone, l'ho per natura ambientata su una spiaggia dell'Isola d'Elba nella quale ho passato la mia infanzia. Ancora adesso, quando ascolto o canto il "Pescatore", la mente corre veramente a paesaggi a me noti, a situazioni forse vissute.
E questa è universalità. La Divinità è tirata giù dal cielo, e forse non si è mai capito abbastanza che, così, non sarebbe meno "divina"; anzi, forse, lo sarebbe ben di più.



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inviato l'1.07.2000 autore: RICCARDO VENTURI

titolo originale: Pescatore, religione, anarchia ecc.

thread: CONTINUIAMO A PESCARE


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>Un guizzo di vitalità, in quest'inizio estate, da parte di questo
>newsgroup sempre un pò troppo sonnacchioso. Anche per queste
>temperature.

E meno male. Anche per una ragione squisitamente "tecnica", diciamo.
Non so se hai a avete visto che il GCN ha sottoposto recentemente alcuni
NG con scarso traffico ad un "voto di richiamo" con un quorum di 70
voti. La maggior parte non l'ha raggiunto e, di conseguenza, tali NG
verranno nei prossimi giorni cancellati.
Temo purtroppo che, prima o poi, toccherà anche a IFMDA se, in qualche
modo, non aumenterà la quantità di post. Personalmente, anche se io per
primo non vi ho mai scritto troppo, mi dispiacerebbe moltissimo.
NB: Non sto qui ovviamente a discutere sulle "problematiche" del GCN,
dei suoi meccanismi interni e della giustizia o meno di tale operazione
(che comunque, a mio parere, è del tutto ingiusta). Il GCN, per sua
stessa e ripetuta ammissione, è un organismo "dittatoriale".
Per dirla alla Senia: cazzi loro.
Però la sopravvivenza o meno di IFMDA sono cazzi nostri.
Sempre che interessi, ovviamente.
Mi scuso per la parentesi chiaramente OT.

>Fa piacere leggere, comunque, in un ambito come questo. Dalle
>considerazioni sulle dichiarazioni del berlusca alla "polemica" sulle
>biografie, dall'eucarestia del pescatore alle stelle che si spengono.
>Mentre mi chiedo perchè mai, ad uno, debbano obbligatoriamente
>spegnersi le stelle, ad un certo punto della sua propria viata; cerco
>anche di ricordare dove accidenti li ho letti dei versi (o era prosa?)
>circa l'andarsene, il morire, a stelle spente! Boh. Mi verrà in mente,
>prima o poi.

"Viata"? O Franco, che ti sei messo a studiare il rumeno? :-D ("Vita" in rumeno si dice esattamente "viata", ndr).
Ma sì, va'. Visto che ci siamo, partiamo proprio da qui.
Le lingue sono cose strane. Vedendo questa parola rumena, "viata", uno direbbe che è la stessa di "vita". E invece no. L'italiano "vita" deriva etimologicamente dall'omonima parola latina, mentre il rumeno "viata" deriva, con vari accidenti fonologici che non sto a spiegare, dal latino "vivitia" (o "vivities"), cioè: "vitalità", "vivacità".
È una cosa che mi piace assai. La "vita" vista non come fatto puramente biologico, come "essere vivi", ma come "vitalità". Si può essere morti anche da vivi; essere veramente vivi significa proprio non permettere che le stelle si spengano. Quelle proprie e quelle degli altri.
Però, a pensarci bene: Ma De André non ci ha, nelle sue canzoni, spesso sbattuto di fronte persone le cui stelle si erano spente? O forse siamo noi che le vediamo come tali? Le "stelle spente" non saranno tali solo ai nostri occhi?
Tanto più che è difficile accorgersi da soli quando la propria vita scivola pian piano verso il "non". Lascio qui la sola particella negativa, senz'altra cosa.
Sono per natura una persona che rifugge dall'autocommiserazione come la peste, e, usualmente, davanti a qualcuno che si autocommisera, si "piange addosso", tendo (a volte francamente in modo abbastanza sarcastico e/o crudele) a non foraggiare alcuna forma di depressione (che, come è noto, si nutre di se stessa).
Leggendo il post delle "stelle spente" mi era venuto in un primo momento di rispondere con qualcosa del tipo: Vai a comprarti delle lampadine. Ma non l'ho fatto, non sono così carogna.
O avrei dovuto esserlo?
Perché, sapete, a questo modo dovrei commentare così anche qualche canzone di De André (la prima che mi viene a mente: il "Cantico dei Drogati").
Difficile confrontarsi con queste cose. Soprattutto quando lo si deve fare sul serio, non su un PC. Difficile e rischioso. Vietato avere parole definitive. Spero che la discussione vada avanti.

>Sarebbe troppo semplice, forse, suddividere gli interventi (e,
>conseguentemente,i portatori di tale interventi) in una destra e in
>una sinistra, più "filosofica" che "politica"; nemmanco de andré fosse
>hegel! Troppo facile, certo. Supportati, nel farlo, dalla ricorrenza
>degli argomenti.

E menomale che De André non è Hegel! Ma te lo immagini se dovessimo essere continuamente alle prese con il "deandreismo di destra" e il "deandreismo di sinistra"? :-D
Ommammamìa, mi viene male solo a pensarci!
Quanto al resto: la ricorrenza di certi argomenti è, a mio parere, abbastanza naturale. Ricorrono regolarmente i punti nodali relativi all'opera di Fabrizio, e non potrebbe essere altrimenti. Che lo si voglia o no, il rapporto di De André con Dio è uno di questi punti;
naturalmente, ce ne sono molti altri. De André e l'Uomo. De André e il Potere. De André e la Morte. De André e l'Ironia (lo so, l'ironia è una mia fissazione; ma chi avrebbe messo un verso come "nessuno di loro gli grida un addio / per esser scoperto cugino di Dio" in una canzone che parla di Gesù Cristo che sale sul Calvario?).
Bene, di carne al fuoco ce n'è quanta se ne vuole. E, come disse San Lorenzo sulla graticola, "rigiratemi, perché da questa parte son già cotto."

>Il "destro" che non fa altro che ricondurre buona parte della
>produzione deandreiana al rapporto (vero o presunto) di fabrizio con
>dio e con la "religione"; e il "sinistro" che ripropone, a determinate
>scadenze, il proclamato "anarchismo" del nostro, riferendosi, per
>esemplificarlo, ad un'altra parte della produzione.

Oh che bello! Allora il Venturi dott. Riccardo, che è di Livorno e -quindi-, per varie questioni (fors'anche genetiche) è un esperto di fritti misti, dev'essere -limitatamente a De André- un "destrosinistro" (o un "sinistrodestro"? Basta non stare mai al centro). Fermo restando che la mia sinistra, come ben sai, me la vado a vivere noi sui niusgruppi e sulle meilinglìste ma nella realtà delle cose, per quanto riguarda Fabrizio cerco di "recepirlo" come, a mio parere, lui stesso ha voluto far recepire: un "bolo" tutto da digerire, fatto di anarchismo e Dio, di comunismo (sì, comunismo) e religione, di Senso e Non-Senso, di tutto e del contrario di tutto. Insomma: non sono io che voglio tirare
De André da qualche parte, ma mi lascio -per quanto possibile alla mia limitatezza- "trascinare" da lui. Insomma, il Bombarolo e Maria Vergine me li sono sempre immaginati sullo stesso treno, in viaggio verso chissà dove.
"Train de Vie"?
(Che, fra l'altro, è un film rumeno. Il titolo rumeno è "Trenul de viata"). 
E, poi, De André non è certo l'unico anarchico che ha parlato di Dio!
L'anarchico e comunista Piero Ciampi, Cristo lo aveva messo in mezzo ai chitarristi.
(Per non parlare di quella fantasmagorica canzone in cui un dolcissimo
Hitler chiede perdono mentre sta in galera...)

>Giocano un ruolo non indifferente, in tutto questo argomentare,
>biografie (più o meno autorizzate), interviste, dichiarazioni fatte in
>sede di concerto (che ciascuno sfuma sempre secondo sé stesso),
>articoli e prefazioni.
>Si discute, ci si scontra, si portano a testimonianza le proprie
>consoscenze, informazioni e sensibilità; ogni tanto, qualcuno, viene
>fuori dalla mischia recando in mano un brandello, a mo' di trofeo, di
>qualcosa di inconfutabile.

È tutto logico e naturale!
Diciamocelo francamente: chi di noi afferma di non essere in qualche modo "curioso" davanti alla vita dell' "artista", è un bugiardo.
Anch'io, che per principio non ho comprato alcuna biografia ("autorizzata" o meno) mi sono ritrovato spesso a chiedermi come "fossero" Fabrizio o altri nella loro privata avventura terrestre.
Ma siccome tutto si sfuma e si confonde con la propria vita, ho elaborato un mio personalissimo sistema per soddisfare questa mia naturale curiosità: basarmi esclusivamente su quel che De André ha scritto per tutti. Le sue canzoni e il suo libro con Gennari. Ho tolto di mezzo interviste più o meno recenti, articoli di giornali e riviste e altri archipendoli mediatici. Mi metto davanti al testo poetico e mi faccio il mio De André personale, che assomiglia poi spaventosamente a Riccardo Venturi, a Franco Senia, a Marco Sopegno, a Angela Barwig, a Maurizio Vivarelli e a tutti quanti noi.
A costo di andare a scovare l'Eucaristia. A costo di citare il Vangelo in greco (ok, ho dei vezzi insopportabili, lo so). Il bello dei fritti misti è proprio quello di essere misti.

>Così va la vita.
>Presuntuosi lo siamo un po' tutti, di una qualche nostra presunzione!
>Come chiamarlo, altrimenti, l'intervenire, brandendo la chiave o,
>meglio, il grimaldello in grado di aprire la porta giusta, se non
>tutte le porte.
>Anch'io ho il mio, di grimaldello. O, forse, è solo un più grossolano
>"piede di porco".

Così va la vita. In mille direzioni.
Ma, in fondo, per aprire una porta o tutte le porte non è sempre necessario procedere sempre a colpi di grimaldello o di pie' di porco.
Anche perché, poi, si rischia di durar fatica con quegli attrezzi per poi scoprire che la porta era invece aperta!
Chissà perché si deve credere sempre che un testo -poetico o meno- sia una porta da sfondare a metaforici calci.
Io credo che si possa entrare anche con altri sistemi. Vogliamo le "chiavi"? Bene, è De André stesso che ce le dà. Dei mazzi che, in confronto, quello di San Pietro è una barzelletta; bisogna provare e riprovare, come dicevano quelli dell'Accademia del Cimento. Certo, è necessario non "vergognarsi" d'usare qualsiasi mezzo lecito. Compresa l'Eucarestia. Compreso l'anarchismo. Compresi i sogni dell'Impiegato.
Compreso il Maggio. Compresi i larghi occhi e la bocca infedele di Barbara. Comprese le nuvole barocche e le domeniche delle salme.
Presuntuosi? Forse
Se non lo fossimo, ci sono dei bei newsgroup su Carmen Consoli e Claudio Baglioni.
 
>L'anarchismo di fabrizio, in modo non dissimile da quello di tutti gli
>anarchici, pone una domanda che riguarda il rapporto fra l'uomo e il
>potere.
>Questo da una parte, quello dall'altra. In modo insanabile.
>Senza alcuna possibilità di conciliazione.
>O si è uomini o si è "potere".
>O si è uomini o si è "dio".

Vero.
Ma per arrivarci bisogna fare, secondo me, una "ginnastica d'obbedienza" che passa anche per il parlare di Dio.
Anzi, di Gesù Cristo. Dio, Fabrizio l'ha già liquidato nello "Spiritual" (o come mai si deve prendere quella canzone per forza come uno scherzetto, malgrado quel che disse De André stesso? Più vado avanti, più sono convinto che è meglio non ascoltarle o leggerle, le interviste dell' "artista" !).
Che Dio scenda sulla Terra, se gl'interessiamo. O che dobbiamo esser sempre noi a prender l'ascensore?
Il Gesù-Uomo di De André è una figura complessa, ma fondamentalmente lo potremmo chiamare un anarchico ottocentesco. Amore, umanità, perdono, comprensione, rivoluzione.
"E nel mio petto l'amore albergava,
C'è nell'odio un terribil tormento."
(Questi sono dei versi di Pietro Gori, ma secondo me si attagliano benissimo al Gesù deandreiano).
Questo finché si parla di questa figura.
Poi, per il resto, hai ragione.
Uomo e potere. C'è un recitativo centrale nella produzione di Fabrizio, "Sogno numero due". Non se ne parla mai, e meriterebbe farlo.
Noi siamo il potere.
Vogliamo essere giudicati, assolti o condannati?
E, per essere coinvolti sul serio, di strada ne abbiamo da fare ancora parecchia. Tutti.
Per quanto noi ci crediamo coinvolti, siamo per sempre assolti.

>E allora, miei interlocutori :-), se gesù è solo un uomo (come
>qualcuno conviene, mi pare di capire), un uomo come tanti, allora
>anche il pescatore è un uomo, un uomo come tanti. E allora che senso
>ha tirare in ballo ammennicoli come l'eucarestia, che attengono alla
>sfera del "divino", e come tali sono incomprensibili all'uomo?

Il Gesù-Uomo, almeno stando alle sue "biografie autorizzate" (però non da lui, presumo), il gesto di spezzare il pane e di versare il vino l'ha fatto comunque.
Si parla del gesto d'un uomo, al di là delle sue implicazioni "divine" o meno. Un gesto che, come tutti i gesti d'ognuno di noi, ha una sua valenza e merita d'essere analizzato. Io son fatto così; m'interessa anche Franco Senia che si pulisce il culo. E mica lo so, perché si pulisce il culo! Ci potrebbe esser dietro anche qualcosa d'interessante, qualcosa di cui vale la pena parlare. Che so io, quei peperoncini ripieni che mi mancheranno per un paio di mesi... :-))
[Per i credenti: Ovviamente NON STO paragonando l'Eucarestia al "nettoyage du cul" di Franco].
Gli uomini come tanti, da Gesù a Mister X, compiono dei gesti. E un gesto dice più di tante e tante parole.

>Strumenti, per poterlo meglio dominare ed assoggettare.
>Magari," inventati da qualcuno, per noi", a suo uso e consumo.
>E il pescatore? Il pescatore solo uno di quelli che non "ha chiuso la
>sua porta sul nostro muso, la notte che le pantere ci mordevano il
>sedere.....". Niente di più, niente di meno.

Ah già, giusto. La liquidazione definitiva di Dio, da parte di De André
si ha nel "Blasfemo": "E non Dio, ma qualcuno che per noi lo ha inventato / ci costringe a sognare in un giardino incantato".
Il Pescatore è stato uno di quelli che non ha chiuso la sua porta sul nostro muso.
Ma neanche Gesù Cristo.
Erano lì tutti e due, quella notte, in mezzo alle Pantere.

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inviato il 10.02.2001 autore: RICCARDO VENTURI

Dilettissimo Matteo, essendo anche io alla perenne e spasmodica ricerca delle incontrovertibili testimonianze della Fede Cattolica in FdA (ciò che potrei chiamare "Il Vangelo secondo Matteo Galdieri"), mi permetto d'integrare quanto detto dall'amico e confratello fra' Osaka da S.Marcello con un'altra proposta.
A mio parere, infatti, l'intera "Canzone di Barbara" è una precisa allegoria dell'Adultera e del suo perdono da parte del Cristo.

Scrive De André:

"Chi cerca una bocca infedele
Che sappia di fragola e miele
In lei la troverà, Barbara,
In lei la bacerà, Barbara.
Lei sa che ogni letto di sposa
E' fatto di ortica e mimosa..."

Non sembra di leggere la presentazione dell'Adultera (Giovanni 8, 3-4)?...
«Mentre parlava, gli Scribi e i Farisei condussero un'adultera: e spintala là in mezzo, dissero a Gesù: "Maestro, questa donna è stata presa mentre commetteva adulterio" »
[questa e tutte le traduzioni evangeliche che seguono sono di Salvatore Quasimodo]]

Dalla canzone deandrejana, sembra proprio di vedere quest'abituale peccatrice, indomita e lasciva frequentatrice d'altrui letti e seminatrice d'illusioni ne' petti d'uomini ammogliati e celibi, abbagliati dalla proterva e torbida bellezza di codesta giovane traviata e sordida precorritrice di Madame Bovary?

"E intanto lei gioca all'amore
Scherzando con gli occhi ed il cuore
Di chi forse la odierà, Barbara,
Ma poi la perdonerà, Barbara".

Qui l'allegoria è lampante: Fabrizio de André si mette direttamente nei panni del Salvatore, estendendo la capacità umana e divina del perdono a tutti gli uomini (quale altro migliore esempio del messaggio universale Cristiano?)

«Voi giudicate secondo la carne, io non giudico nessuno.»
(Giovanni 8, 15).

Gesù e De André comprendono che Barbara l'Adultera non pecca in realtà per malvagità, ma per ingenuità (o forse perché a 12 anni e mezzo s'è ritrovata maritata ad un pezzo di merda che la faceva sgobbare come una somara e/o la riempiva di legnate); e all'odio istituzionale de' Farisei, sancito dalla legge Mosaica:

«Mosé nella Legge ci impone di lapidare le adultere. Che ne pensi tu, dunque?»
(Giovanni 8,5),

contrappone l'indulgente e benigno perdono salvìfico espresso parimenti da Fabrizio De André nella sua canzone, ricorrendo per giunta alla simbologia della margherita, fiore, accanto al giglio, trascendente autentica purezza interiore (e non la "purezza" esteriore, ostentata e falsa dei guardiani della Legge ebraica):

"E il vento di sera la invita
A sfogliare la sua margherita
Per ogni amore che se ne va,
Lei lo sa,
Un altro petalo fiorirà
Per Barbara".

Ordunque, come nel Vangelo secondo Giovanni, Gesù "rimanda tutti a casa" con il celebre "Chi è senza peccato, scagli la prima pietra" [ <O anamártetos hymôn prôtos ep'autén baléto líthon>, Ioh. 8, 7], così De André immagina l'adultera che manterrà la sua lilìaca purezza intrinseca pur continuando, probabilmente, a buttarsi ogni tanto in qualche letto già sfatto. Può esservi messaggio di più pregnante valenza cristiana e
cattolica di questo? Le adultere non più lapidate, ma perdonate con fraternità!

E poi, qualche secolo più tardi, magari messe al rogo; ma sul rogo, del resto, ci salì anche Santa Giovanna D'Arco (come si evince dall'omonima canzone di Leonard Cohen tradotta, guarda caso, da Fabrizio De André).

Grazie ancora per la vera luce che porti in questo newsgroup popolato di peccatori e anime nere; però, per cortesia, vacci piano con l'incenso perché ho ad esso una fastidiosissima allergia.