Dal newsgroup it.fan.musica.de-andre
Salve a tutti,
mi chiamo Paolo Talanca (lo avevate capito? :-)) ed ho scoperto solo ora questo NG su De André. A volte scrivo su quello di Guccini e mi sono
sempre chiesto come mai non ce ne fosse uno anche su Faber (pensa tu che cretino, bastava andare sul menù generale!).
Da tempo scrivo recensioni di canzoni dei cantautori italiani su un sito letterario, ma qualche mese fa
misi una recensione di Prinçesa su un altro sito, che di sicuro molti conosceranno, www.faberdeandre.com , grazie a Marcello, il Webmaster di quel sito.
L'indirizzo della recensione è http://www.faberdeandre.com/tesi/recensioni/index.htm
Vorrei chiedervi che ne pensate, visto che non potrei trovare critici migliori di voi
appassionati.
Un Saluto
Paolo
Riccardo Venturi risponde:
On Thu, 20 Nov 2003 20:03:18 GMT, paolotalanca@inwind.it
(PaoloTalanca) wrote:
>Salve a tutti,
Salve a te Paolo; e, come
sempre, penso sia meglio mettere prima il tuo testo sotto gli occhi di tutti:
Premetto che io penso che quella che andrò a fare sia l'effettiva mia prima recensione di una canzone di De André (anche se, ovviamente,
non va dimenticata la preziosissima collaborazione di Ivano Fossati).
Tempo fa recensii "Il pescatore". Adesso mi rendo conto che quella non fu altro che un tentativo, anche presuntuoso, di addentrarmi, cercando
quasi di esorcizzarlo, in quell'universo deandreiano che molti considerano inarrivabile nel panorama cantautoriale italiano.
"Prinçesa" è una canzone contenuta nell'album "Anime salve",
composto nel 1996 da Fabrizio De André e Ivano Fossati. Mi piacerebbe considerare questo album come il reale testamento di De André. "Anime salve" è la sintesi di una coerenza di idee che ha accompagnato il cantautore
genovese (ovviamente mi riferisco a De André, con buona pace dell'ottimo Fossati) per tutto il tempo della sua vita artistica.
Già il titolo è un punto di arrivo: la salvezza di anime (rigorosamente persone) emarginate,
coinvolti da una società troppo veloce e spesso meschina ad una solitudine che mai avrebbe dovuto appartenere loro, che a volte diventa una fortuna ed altre volte una immeritata condanna. "Che bell'inganno sei anima
mia" recita il verso della canzone eponima e si riaprono tensioni tra il cantautore ed una verità religiosa che non è rispettosa della nostra dignità di uomini (atteggiamento riscontrabile per larghi tratti anche in
Roberto Vecchioni).
A dispetto di questo inganno rappresentato dall'anima, intitolando l'album "Anime salve" ci si mette subito a riparo da un castigo, da una paura che da secoli rappresenta
l'arma di ogni concezione terrena di religione. Mi pare condivisibile che sia assurdo parlare di spirito religioso se questo è mosso unicamente dalla paura che la propria anima possa non salvarsi. E' da questa
angolazione che, a mio avviso, bisogna leggere il titolo "Anime salve": l'anima dei "servi disobbedienti" (è così che De André chiama, in "Smisurata preghiera", i personaggi che da sempre lui
ha trattato nelle sue canzoni) è già salva, ora bisogna vivere, al di fuori di ogni sgomento inculcatoci da una società che ci vuole deboli e paurosi, vivere come farà Prinçesa, come ci indica l'ultimissima parola della
canzone. Per ora mi fermo qui nel parlare del rapporto tra De André e la religione, a causa dell'ampiezza e della complessità dell'argomento, riservandomi di tornarci quanto prima, convinto che le parole suddette non
completino, ma a mala pena sfiorino il tema. La stessa cosa valga per la disanima generale dell'intero album "Anime salve", che anche etimologicamente sembra sottolineare maggiormente il tema della
solitudine.
Per presentare la canzone "Prinçesa" non potrei trovare un modo migliore che riportare fedelmente le parole di De André:
"Il meglio della cultura viene sollecitato da persone che si
trovano in minoranza e che proprio per i loro doni vengono emarginate e all'occorrenza perseguitate. Un esempio classico sono gli individui che nascono con caratteristiche esteriori appartenenti a un sesso che non
corrisponde alla loro identità più profonda .
Ne parlo nella canzone Prinçesa, che ho tratto da uno splendido, breve romanzo di Maurizio Janelli e Fernanda Farias, in effetti una biografia . Nella musica ci sono improvvise
variazioni : è il riepilogo dei passaggi fondamentali della vita della protagonista, un elenco di gioie e sfortune incontrate nelle tappe delle sue varie metamorfosi . Da bambino si trova ad assumere comportamenti femminili,
poi da femmina malriuscita corre all'incanto dei desideri, tentando prima con mezzi chimici e in seguito attraverso una vertigine di anestesia chirurgica di assomigliarsi, di corrispondere a un profondo desiderio che la
vuole donna. Per mantenersi esercita la professione più antica del mondo, finché per volere del destino si trasforma ancora, e per l'ultima volta, da prostituta nell'amante ufficiale di un avvocato .
Questa è
l'ultima metamorfosi; la musica, grazie anche e soprattutto a Ivano Fossati, accompagna questa evoluzione passando da tonalità maggiori a minori e sottolineando in quel martellare di cembali il miraggio della felicità, fino
a ritornare all'infanzia brasiliana."
Inizierei con l'uso pregevole di De André di trovare parole che spiegano concetti altrimenti esprimibili con immense perifrasi: dalle parole allusive come
"pecora" e "vacca". Nella poesia di De André non bisogna mai perdere di vista il contrasto tra società, mondo borghese (in questa canzone mirabilmente rappresentato dal vociare in sottofondo, come uno
sghignazzare inquietante) e sentimenti individuali. Nell'attacco Prinçesa usa i due termini "pecora" e "vacca" per presentarsi.
Questi termini le sono stati attribuiti, presumibilmente, dalla società: rispecchiano la malignità della società (è inequivocabile il loro significato che col primo espletano il modo di amare e nel secondo, ma già nel primo, il disgusto borghese). E' fondamentale che Prinçesa metta all'inizio questi termini: lei ci si presenta quasi con modi sgarbati, celandosi e proteggendosi come si comporterebbe con un estraneo, spaventata e sulla difensiva secondo una reazione che la società, con una meschinità senza confini, le ha radicato.
Così nell'impeto di una semi-invettiva ci restituisce la cattiveria dei nomi che la società le ha affibbiato. E questo si spiega con il verso successivo: "ché agli animali si vuol
giocare" (in questo caso il "che" congiunzione o causale cambia poco il senso, secondo un uso in atto nell'italiano di uso medio). Prinçesa preferisce definire questi nomignoli "gioco". Qui con un
colpo da maestro De André evidenzia la grande umanità di Prinçesa che tratta la società come dei bambini ai quali lei si presta, che lei asseconda nel loro gioco; un gioco che la denigra del tutto ma che lei vede come tale in
virtù di una grande umanità: è fondamentale in De André l'opposizione tra un esterno meschino e farabutto ed un interno, una singola vita emarginata che perdona gli scherni e che vorrebbe integrarsi già colma di una paura
che la società gli ha procurato. Inequivocabile la situazione del protagonista delle canzone "Un matto" (ma anche di molti altri personaggi deandreiani):
"Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non
riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di
loro.
E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz'ora basta un libro di storia,
io cercai d'imparare la
Treccani a memoria"
(cfr. Fabrizio De André,
"Un matto" in "Non al denaro non all'amore né
al cielo", 1971).
Certo, la situazione è differente, ma è sottolineabile la stessa voglia di venire incontro ai pregiudizi della gente e di cercare
di mostrarsi disponibili ad un dialogo (quasi sempre poi stroncato dalla controparte).
Nel terzo e quarto verso comincia la descrizione più cruda: Prinçesa che si presenta con le piccole tette da mostrare tramite una
camicia aperta, come un velo da togliere su un elemento che evidenzia la differenza tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. E' palese che in questo voler mostrare ci sia il desiderio di farsi accettare dalla società,
di far accettare il sogno di ciò che si vorrebbe essere.
Molto eloquente il "chiaroscuro dove son nato", che evidenzia l'ambiguità contrastiva tra la sua essenza e le sue aspirazioni, l'opposizione tra
l'essere ed il voler essere, come una penombra esistenziale. E' qui che iniziano immagini allusive. Già dalle "ciglia di questi alberi", sotto le quali (ciglia) lui rappresentava l'orizzonte per lo sguardo
quasi accondiscendente della madre, che scrutava sicura l'avvenire del figlio, come un futuro di rinsavimento.
Nelle parole virgolettate della madre si evince un certo sentimento di soddisfazione per la femminilità del
figlio, indole facilmente mutabile (secondo lei) semplicemente con l'istinto e più in generale con la vita. Tutt'altro. Prinçesa si immaginava donna di fronte allo specchio, lasciò il chiaroscuro dove era nato per
inseguire i suoi sogni. Significativo il "dormiveglia della corriera", come una prima prova da superare, un restare con un occhio aperto non appena si comincia a proseguire da soli, che ci appare attraverso la
consueta immagine di afa e sonnecchiamento di una corriera.
Il primo impatto con la società è un lavoro nella cucina di una pensione, dove i sogni si mischiano con la realtà di ormoni da buttar giù per diventare donna.
Tutto questo per realizzare un sogno, per svegliarsi all'alba già donna e concretizzare una aspirazione più forte della fortuna, della sorte. Tutto questo per far "l'amore come una donna", mentre la parte
mascolina di lui, Fernandiño, "resiste e vomita e si contorce dal dolore": qui ancora c'è il contrasto tra l'essere nato maschio ed il più forte desiderio di femminilità; tutto ciò sparirà tra poco col
"il bisturi per seni e fianchi in una vertigine di anestesia" che permetterà al suo corpo di "assomigliare" ai suoi desideri; attenzione, non essere identico, non è una completa vittoria, come non lo sarà
l'essere "brace" di stella ed il doversi nascondere per essere l'amante di un avvocato. Per seguire i suoi sogni Prinçesa è costretta a prostituirsi. Qui c'è il piccolo capolavoro nel
capolavoro:
"dove tra ingorghi di desideri
alle mie natiche un maschio s'appende
nella mia carne tra le mie labbra
un uomo scivola l'altro si arrende"
la descrizione di un amplesso è un
topos molto frequente nei testi delle canzoni italiane. Basterà citare il Baglioni di "Domani mai":
"io su di te
voglia che striscia disperata
e tu aggrappata alla mia schiena liscia
tu
sopra
di me
e macchie avide sul collo
e cosce tese e nelle reni un crollo"
dove descrive gli amanti come "due pugili sfiniti che si abbracciano" ed il motivo della resa è molto forte come nella canzone di
De André.
Come comune denominatore, queste descrizioni indugiano sul carattere quasi inconscio delle mosse degli amanti (nonostante che l'amore di Prinçesa adesso non sia esattamente quello sognato ma quello mercenario e
"sporcaccione", alla quale comunque lei si concede totalmente), quasi in estasi a giustificare un sentimento vero e profondo, quello stesso desiderio che ha portato la nostra Prinçesa ad inseguire i suoi
sogni.
A questo punto Fernandiño è morto. Molto azzeccata l'espressione "mi è morto in grembo", come per esorcizzare il dispiacere di non poter procreare (particolare che lo renderà per sempre differente
dalle vere donne), osservazione molto triste, ma che evidenzia la forza di Prinçesa: lei sapeva a cosa andava incontro ed il dispiacere che potrebbe provare una madre per un figlio che muore in grembo lei lo ha provato nel
momento in cui la società l'ha rifiutata e biasimata. Ora il ricordo di una stella morta (Fernandiño) si mescola alla brillantezza della stella dal nome Prinçesa. Si badi bene però:
Fernanda, la nuova
"creatura", è una "bambola di seta", è solo apparenza sotto una vera anima femminile. Per questo motivo la stella è spenta ma brilla della luce che Fernanda le dà da dentro, dalla sua anima, infatti il tutto
è reso con una sinestesia "squilla di luce".
E' la luce che esce dall'anima di Fernanda (lo squillo) che fa brillare la stella di Prinçesa: l'esteriorità di Fernanda è brace di stella non meno di
Fernandiño. Con la nuova consapevolezza che la femminilità interiore sia quella che conta (nonostante la "bambola di seta esterna"), Prinçesa inizia una nuova vita: diventa l'amante di un avvocato di Milano, in un
passo che evidenzia le debolezze della borghesia, solo capace di criticare: un avvocato che pare impeccabile dall'esterno, che giudica, da buon borghese e che poi si ritrova amante di un travestito brasiliano. Un castigo
inequivocabile all'ipocrisia borghese. L'avvocato relega Prinçesa in balcone, per paura che venga scoperto il legame, il passeggiare di Prinçesa diventa "recidivo", come, forse, le sue suppliche di non tener
così coperta la relazione. Il balcone è comprensibilmente in penombra, per agire di soppiatto e celare i veri desideri dell'avvocato.
Per Prinçesa questo però basta, o quantomeno, è già tanto. Questo nuovo amore
(solo suo?) la riporta col pensiero al suo Brasile. La nuova vita, la rinascita, riparte dal Brasile. Un ritmo brasileiro parte alla fine della canzone, un elenco di nomi in brasiliano riporta Prinçesa indietro nel tempo, i
ricordi delle ingiustizie subite tra la gente che non la accettava, con una sola parola degna di concludere questa sua storia: finalmente viver.
(Salut)
--
*Riccardo Venturi*
From: "Stefano Neri" <sneri@capgemini.it>
Newsgroups: it.fan.musica.de-andre
Sent: Friday, November 21, 2003 4:22 PM
Subject: Re: Recensione di Prinçesa
> (PaoloTalanca) wrote:
cut
> lei ci si presenta quasi con modi sgarbati, celandosi e
> proteggendosi come si comporterebbe con un estraneo, spaventata e
> sulla difensiva secondo una reazione che la società, con una
> meschinità senza confini, le ha radicato
cut
> ... una singola vita emarginata che perdona gli
> scherni e che vorrebbe integrarsi già colma di una paura che la
> società gli ha procurato. Inequivocabile la situazione del
> protagonista delle canzone "Un matto" (ma anche di molti altri
> personaggi deandreiani):
Non mi piace questo ritratto che fai della personalità di Princesa.
La definisci spaventata, impaurita, che si vergogna nel farsi vedere e poi la associ al matto di Spoon River.
Ma secondo te in che tono sono dette queste parole?:
Sono la pecora sono la vacca
che agli animali si vuol giocare
sono la femmina camicia aperta
piccole tette da succhiare!
Sono parole gridate e piene di fierezza. Se fossi stato ad un Gay Pride o avessi incontrato uno di
questi esseri, ti saresti accorto che non hanno alcuna vergogna della loro natura.
Quindi Princesa non mi sembra così debole e impaurita, bensi, come la sua storia dimostra,
coraggiosa e in continua ricerca di vita e avventura.
Hai una commiserazione ingiustificata.
> Nel terzo e quarto verso comincia la descrizione più cruda: Prinçesa
> che si presenta con le piccole tette da mostrare tramite una camicia
> aperta, come un velo da togliere su un elemento che evidenzia la
> differenza tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. E' palese
> che in questo voler mostrare ci sia il desiderio di farsi accettare
> dalla società, di far accettare il sogno di ciò che si vorrebbe
> essere.
Il desiderio di farsi accettare dalla società?
Di far accettare il sogno di ciò che si vorrebbe essere?
Ma i sogni si realizzano o aiutano a vivere meglio?
Troppa enfasi.
Per Princesa non è poi così importante essere accettata da una società vile e volgare.
> L'avvocato relega Prinçesa in balcone, per
> paura che venga scoperto il legame, il passeggiare di Prinçesa diventa
> "recidivo", come, forse, le sue suppliche di non tener così coperta la
> relazione. Il balcone è comprensibilmente in penombra, per agire di
> soppiatto e celare i veri desideri dell'avvocato.
>
> Per Prinçesa questo però basta, o quantomeno, è già tanto. Questo
> nuovo amore (solo suo?) la riporta col pensiero al suo Brasile. La
> nuova vita, la rinascita, riparte dal Brasile. Un ritmo brasileiro
> parte alla fine della canzone, un elenco di nomi in brasiliano riporta
> Prinçesa indietro nel tempo, i ricordi delle ingiustizie subite tra la
> gente che non la accettava, con una sola parola degna di concludere
> questa sua storia: finalmente viver.
Princesa pazza d'amore e supplichevole per questo avvocato? Poco credibile se riflettessi bene.
E' lei che gli regala il cuore, non lui che se l'è preso.
Sotto sotto c'è:
"Ama e ridi se amor risponde
piangi forte se non ti sente..."
In generale, a parte qualche buona idea (come la definizione che hai dato di anime salve), dimostri
una scarsa conoscenza del modo di vivere dei viados.
Mi sembra un commento troppo consolatorio del tipo:<<come ti senti amica fragile se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te>>.
Hai poca attenzione per la voglia di vita, di felicità e di ottimismo che c'è all'interno della canzone.
Ciao
Stefano
Risponde Paolo:
Ti ringrazio per l'intervento. Rileggendo ciò che tu scrivi non sono affatto in disaccordo con te.
Forse però la tua non è che una chiave di lettura. Fra l'altro a difesa della mia recensione posso dire che già all'inizio ho evidenziato la grande umanità di Prinçesa che solo d'impatto usa i termini
"pecora" e "vacca" come di potrebbe usare uno scudo contro delle persone che si conoscono appena. Non è forse per la voglia di integrarsi che il matto impara a memoria la Treccani? (magari
in effetti più che integrarsi sarebbe meglio dire comunicare, far parte di un tutto, viver).
Magari sono stato poco bravo a evidenziare una cosa: io sono convinto che Prinçesa sia fiera della
propria vita. Già il fatto che lei dà molto a chi non le dà niente come l'avvocato dimostra questo e si ritrova (come dici giustamente) alla fine di "Via del campo". In fondo quasta vita Prinçesa l'ha
voluta con tutte le sue forze ed è solo per la sua voglia di vita che le braci sono diventate la stella.
Non so se sono stato poco chiaro o se tu abbia voluto vedere per forza quelle cose negative nel mio commento.
Fondamentalmente io ho voluto seguire la falsariga delle "istruzioni" date nell'ultimissima parte della canzone. Lì leggo espressioni come: vergogna, stanchezza, dignità, botte, fallimento, schifo, vivere.
Questo ho cercato di estrapolare e mi spiace che tu abbia trovato degli errori.
Franco Senia aggiunge:
On Fri, 21 Nov 2003 15:22:09 +0000 (UTC), "Stefano Neri"
<sneri@capgemini.it> ha scritto:
> (...)
>Princesa pazza d'amore e supplichevole per questo avvocato? Poco
>credibile se riflettessi bene.
>E' lei che gli regala il cuore, non lui che se l'è preso.
>Sotto sotto c'è:
>"Ama e ridi se amor risponde
>piangi forte se non ti sente..."
> (...)
non voglio entrare nel merito di altro, se non di codesto voler legare in qualche modo "princesa" a "via del campo".
Non riesco a vedere una simile continuità fra il mondo di via del campo ed il mondo in cui si muove princesa.
Le regole sono saltate. In via del campo c'era un essere parte, del quartiere, della strada, fino a
trasfigurarsi nella strada stessa; e cacciar via l'illuso venuto a maritare. E' via del campo stesso che si fa carico di metterlo in fuga. Non ci sono "anime salve" in via del campo, così come non c'erano
nel paesino delle comari di bocca di rosa. A sant'ilario.
Quello che si dipana davanti ai nostri occhi, in quelle canzoni, è un film in bianco e nero. L'unico
colore è il giallo del cartello su cui campeggia la scritta nera; sottolineato con vigore.
Commedia italiana, come in bocca di rosa. Neorealismo, come in via del campo, ma sempre
pronto a virare da de sica a zavattini e al realismo magico.
Nessun'anima salva è stata scritturata per prendervi parte, né come attore né come personaggio.
Sono ancora anime che vivono in una sorta di comunità, la stessa comunità che rinuncerà, tutt'unita, alla "sua ora di libertà".
Niente a che fare con i colori, con i personaggi, con la solitudine che attanaglia. Personaggi e spettatori. Sia su un balcone (che non si affaccia più su via del campo) che in un buio di giostre in disuso.
Sia in un tram scollegato da ogni distanza.
In un senso di colpa che tutto e tutti attanaglia. Da princesa fino al giovane che ha visto nina volare.
salud
-- Franco Senia --
On Thu, 20 Nov 2003 23:36:14 GMT, Riccardo Venturi
<venturik@SPAMMACECCHIGORIifrance.com> wrote:
>"Prinçesa" è una canzone contenuta nell'album "Anime salve", composto
>nel 1996 da Fabrizio De André e Ivano Fossati.
A tale riguardo, colgo l'occasione per una curiosità, diciamo, "ortografica". Prinçesa è brasiliana,
ma, in portoghese, "principessa" si dice "princessa", senza "ç" e con due "s". "Princesa" (ma
sempre senza "ç") è casomai spagnolo. Sembra quasi una sorta di ibrido (forse voluto, forse addirittura simbolico?)
> Mi piacerebbe
>considerare questo album come il reale testamento di De André. "Anime
>salve" è la sintesi di una coerenza di idee che ha accompagnato il
>cantautore genovese (ovviamente mi riferisco a De André, con buona
>pace dell'ottimo Fossati) per tutto il tempo della sua vita artistica.
Credo che De André il suo vero "testamento" lo abbia scritto molti anni avanti, con una canzone che reca appunto questo titolo. Per il resto non condivido quello che dici. Siamo stati abituati a
considerare "Anime salve" come il "testamento" di De André solo per il semplicissimo motivo che è stato il suo ultimo album e poco dopo è morto. Ma "Anime salve" è stato un album niente affatto
composto con intenzioni "testamentarie" e fa parte di un continuum che non si sarebbe certo dovuto interrompere con esso (tanto è vero che De André stava preparando già l'album
successivo, mi sembra in collaborazione
con Oliviero Malaspina).
Che "Anime salve" sia una sintesi, va bene; ma non lo è, a mio parere, più delle "Nuvole" o
addirittura dell' "Impiegato". Ripeto: attenzione a "testamentizzare" troppo, altrimenti ogni album diventa un testamento. Prima o poi si muore e c'è sempre un ultimo album prima di crepare.
>Già il titolo è un punto di arrivo: la salvezza di anime
>(rigorosamente persone) emarginate, coinvolti da una società troppo
>veloce e spesso meschina ad una solitudine che mai avrebbe dovuto
>appartenere loro, che a volte diventa una fortuna ed altre volte una
>immeritata condanna.
Titolo, fra l'altro, che non amo eccessivamente al pari della canzone omonima, troppo "fossatiana"
per i miei gusti. Avrei preferito mille volte "Destini ridicoli", peccato che c'era già il romanzo scritto assieme a Alessandro Gennari.
> "Che bell'inganno sei anima mia" recita il verso
>della canzone eponima e si riaprono tensioni tra il cantautore ed una
>verità religiosa che non è rispettosa della nostra dignità di uomini
>(atteggiamento riscontrabile per larghi tratti anche in Roberto
>Vecchioni).
Credo che non si tratti tanto di tensioni riaperte, quanto di tensioni mai chiuse.
> A dispetto di questo inganno rappresentato dall'anima,
>intitolando l'album "Anime salve" ci si mette subito a riparo da un
>castigo, da una paura che da secoli rappresenta l'arma di ogni
>concezione terrena di religione.
Può darsi che io tenda a spingere troppo verso certe cose, ma con De André non si sa mai, ed aveva pur sempre studiato il greco. Il termine "anima", e "animo" (dal latino <anima>, <animus>)
sono etimologicamente correlati con il greco <anemos> che, come tutti sanno, significa "vento",
"soffio". Il significato primo di "anima" è infatti "soffio vitale", e mi piace pensare casomai alla
salvezza, cioè alla preservazione, del soffio vitale di ognuno, a qualcosa che non si spegne mai nella memoria. E' una cosa che sento molto vicina a me, quindi ne parlo e la immagino.
> La stessa cosa valga per
>la disanima
Stupendo questo lapsus, direi. La "disanima" come contrapposizione all' "anima"?
> generale dell'intero album "Anime salve", che anche
>etimologicamente sembra sottolineare maggiormente il tema della
>solitudine.
Dovresti chiarirmi qui che cosa abbia a che fare etimologicamente "anime salve" con la solitudine.
La cosa non mi è per niente chiara.
>Inizierei con l'uso pregevole di De André di trovare parole che
>spiegano concetti altrimenti esprimibili con immense perifrasi: dalle
>parole allusive come "pecora" e "vacca".
Più che allusive mi sembrano tremendamente chiare. Una donna facile ai rapporti sessuali con
chiunque viene comunemente definita una vacca, e non sto certamente a dirti che cosa significhi farlo a pecora.
> Nella poesia di De André non
>bisogna mai perdere di vista il contrasto tra società, mondo borghese
>(in questa canzone mirabilmente rappresentato dal vociare in
>sottofondo, come uno sghignazzare inquietante)
Vero. Tutto ciò mi riporta terribilmente al coro finale delle cicale nella "domenica delle salme".
> Questi termini le sono stati attribuiti,
>presumibilmente, dalla società:
Ci andrei cauto. E' possibile che l'uso in prima persona di tali termini sottintenda uno sberleffo di
ribellione. E' una cosa non infrequente e quasi naturale, oserei dire.
> Così nell'impeto di una
>semi-invettiva ci restituisce la cattiveria dei nomi che la società le
>ha affibbiato.
Vedi che praticamente stiamo dicendo le stesse cose.
"Io vengo a restituirti un po' del tuo terrore, del tuo disordine, del
tuo rumore".
> E questo si spiega con il verso successivo: "ché agli
>animali si vuol giocare" (in questo caso il "che" congiunzione o
>causale
Congiunzione "o" causale?
"Ché", qui, è una congiunzione causale e stop. Tra l'altro, ben anteriore al "perché" (derivando direttamente dal latino <quia>).
>Certo, la situazione è differente, ma è sottolineabile la stessa
>voglia di venire incontro ai pregiudizi della gente e di cercare di
>mostrarsi disponibili ad un dialogo (quasi sempre poi stroncato dalla
>controparte).
Non so come mai, ma in "Prinçesa" vedo molto più forte la voglia di prendere disperatamente per il culo, piuttosto che di creare un "dialogo".
>la descrizione di un amplesso è un topos molto frequente nei testi
>delle canzoni italiane. Basterà citare il Baglioni di "Domani mai":
Non amo molto Mina, ma devo riconoscere che la descrizione migliore di un amplesso in una
canzone italiana è nella sua "L'importante è finire". Quello di De André in "Prinçesa" è pur sempre un amplesso ampiamente poetico, non credo che nessun transessuale brasiliano parlerebbe mai di
un amplesso nei termini in cui lo fa De André.
Altamente poetico, quindi irreale. Non si può a mio parere basare niente su questa cosa. Ma
ricordo del racconto di De André di un suo amplesso con Dori Ghezzi durante il rapimento, nella disperazione e nella sporcizia.
>A questo punto Fernandiño è morto.
< Fernandinho >.
Non per pignoleria, ma per consequenziare un po' il tuo intervento anche dal punto di vista della lingua portoghese.
> il passeggiare di Prinçesa diventa
>"recidivo",
Come nella passeggiata domenicale delle puttane, in "A Dumenega", chissà.
> finalmente viver.
O finalmente "morrer"?
Salut,
*Riccardo Venturi, VIR 4, FGiR 1*
Paolo Talanca ancora:
> >"Prinçesa" è una canzone contenuta nell'album "Anime salve", composto
> >nel 1996 da Fabrizio De André e Ivano Fossati.
> A tale riguardo, colgo l'occasione per una curiosità, diciamo,
> "ortografica". Prinçesa è brasiliana, ma, in portoghese, "principessa"
> si dice "princessa", senza "ç" e con due "s". "Princesa" (ma sempre
> senza "ç") è casomai spagnolo. Sembra quasi una sorta di ibrido (forse
> voluto, forse addirittura simbolico?)
>
> > Mi piacerebbe
> >considerare questo album come il reale testamento di De André. "Anime
> >salve" è la sintesi di una coerenza di idee che ha accompagnato il
> >cantautore genovese (ovviamente mi riferisco a De André, con buona
> >pace dell'ottimo Fossati) per tutto il tempo della sua vita artistica.
> Credo che De André il suo vero "testamento" lo abbia scritto molti
> anni avanti, con una canzone che reca appunto questo titolo. Per il
> resto non condivido quello che dici. Siamo stati abituati a
> considerare "Anime salve" come il "testamento" di De André solo per il
> semplicissimo motivo che è stato il suo ultimo album e poco dopo è
> morto. Ma "Anime salve" è stato un album niente affatto composto con
> intenzioni "testamentarie" e fa parte di un continuum che non si
> sarebbe certo dovuto interrompere con esso (tanto è vero che De André
> stava preparando già l'album successivo, mi sembra in collaborazione
> con Oliviero Malaspina).
> Che "Anime salve" sia una sintesi, va bene; ma non lo è, a mio parere,
> più delle "Nuvole" o addirittura dell' "Impiegato". Ripeto: attenzione
> a "testamentizzare" troppo, altrimenti ogni album diventa un
> testamento. Prima o poi si muore e c'è sempre un ultimo album prima di
> crepare.
Probabilmente lo si vede come un testamento per via della "preghiera" finale. Da qualche parte ho letto che è singolare il fatto dei titoli delle due canzoni cronologicamente estreme di De André, cioè
"Preghiera in gennaio" e "Smisurata preghiera", come di un cerchio che si chiude. Forse, e probabilmente, è una boiata pazzesca ma è indubbio che la canzone "Smisurata preghiera" possa
sembrare un atto apicale: lui che negli album precedenti non sembrava molto avvezzo alla preghiera... comunque quello che ho scritto nella recensione in questo punto forse risponde più ad un sentire
generale e non faccio fatica ad essere d'accordo con quello che dici tu in merito.
> > "Che bell'inganno sei anima mia" recita il verso
> >della canzone eponima e si riaprono tensioni tra il cantautore ed una
> >verità religiosa che non è rispettosa della nostra dignità di uomini
> >(atteggiamento riscontrabile per larghi tratti anche in Roberto
> >Vecchioni).
> Credo che non si tratti tanto di tensioni riaperte, quanto di tensioni
> mai chiuse.
Certo. Qui forse ho dato il mio ragionamento troppo per scontato: riferendomi al rapporto con Dio in questo caso mi riferisco direttamente a "La buona novella", ma è chiaro che non si può
tralasciare tutto quello che c'è in mezzo.
> > A dispetto di questo inganno rappresentato dall'anima,
> >intitolando l'album "Anime salve" ci si mette subito a riparo da un
> >castigo, da una paura che da secoli rappresenta l'arma di ogni
> >concezione terrena di religione.
> Può darsi che io tenda a spingere troppo verso certe cose, ma con De
> André non si sa mai, ed aveva pur sempre studiato il greco. Il termine
> "anima", e "animo" (dal latino <anima>, <animus>) sono
> etimologicamente correlati con il greco <anemos> che, come tutti
> sanno, significa "vento", "soffio". Il significato primo di "anima" è
> infatti "soffio vitale", e mi piace pensare casomai alla salvezza,
> cioè alla preservazione, del soffio vitale di ognuno, a qualcosa che
> non si spegne mai nella memoria. E' una cosa che sento molto vicina a
> me, quindi ne parlo e la immagino.
Ma io credo che sul significato di "anima" nessuno mai abbia pensato ad un'altra soluzione. Il nocciolo sta in quel "salve" che la religione ci pone come un stato da raggiungere (dopo la mela)
tramite la fede, convincendoci tramite la paura della dannazione eterna. Sono d'accordissimo con te che quel "salve" vuol dire "preservazione ad uno stato che già è", proprio perché il peccato di
cui aver paura non è che un pretesto, un'arma per incutere timore. L'anima nasce salva e quindi il titolo "Anime salve" è un assioma.
> > La stessa cosa valga per
> >la disanima
> Stupendo questo lapsus, direi. La "disanima" come contrapposizione
> all' "anima"?
:-)) qui era direttamente De André a guidarmi sulla tastiera
> > generale dell'intero album "Anime salve", che anche
> >etimologicamente sembra sottolineare maggiormente il tema della
> >solitudine.
> Dovresti chiarirmi qui che cosa abbia a che fare etimologicamente
> "anime salve" con la solitudine. La cosa non mi è per niente chiara.
Ti cito direttamente De André in "Come un'anomalia" : <<Il titolo dell'album si rifà all'etimo delle
due parole, "anima" e "salvo", e vuole mantenerne il significato originario di "spirito solitario">>
Forse l'etimo si dovrebbe collegare con il senso "deanreaiano" della parola "salva", in questo
contesto, cioè al riparo dalle "leggi del branco": se si è salvi e non si è con la maggioranza si è da soli, o comunque in una minoranza.
> > E questo si spiega con il verso successivo: "ché agli
> >animali si vuol giocare" (in questo caso il "che" congiunzione o
> >causale
> Congiunzione "o" causale?
> "Ché", qui, è una congiunzione causale e stop. Tra l'altro, ben
> anteriore al "perché" (derivando direttamente dal latino <quia>).
No, perdonami, sarebbe interessante un'analisi filologica a questo punto perché l'accento acuto che indica la causale l'ho inserito io. In tutti i testi che si trovano via internet quel "che" è sempre
pronome. Io però non mi fido di questi testi e, per assurdo, non mi fido nemmeno del CD originale (l'unica cosa sarebbe quella di vedere il foglio direttamente scritto da De André). Probabilmente il
problema viene dal fatto che io nella recensione ho scritto "congiunzione" per errore, ed avrei dovuto scrivere "pronome". Un errore del quale non mi ero accorto altrimenti l'avrei fatto presente
al Web Master di faberdeandré.
Un pò per provocazione ho aggiunto l'accento, consapevole che nell'italiano d'uso a quel punto
pronome e causale non cambino di molto il senso generale della frase, inoltre la causale a quel punto avvalorava leggermente la mia ipotesi di interpretazione :-), e poi mi piaceva e mi sembrava più giusto così.
Poi, scusami, ma, anche io per la precisione, il ché non deriva da "quia" ma da "quid" [QUID > /kwid/>/ke/], prima indeterminativo ed indefinito, poi "quia".
> >Certo, la situazione è differente, ma è sottolineabile la stessa
> >voglia di venire incontro ai pregiudizi della gente e di cercare di
> >mostrarsi disponibili ad un dialogo (quasi sempre poi stroncato dalla
> >controparte).
> Non so come mai, ma in "Prinçesa" vedo molto più forte la voglia di
> prendere disperatamente per il culo, piuttosto che di creare un
> "dialogo".
Sai che in questo pezzo più mi rileggo e più non sono d'accordo con me stesso? :-)) Però mi
perdono perché non credo sia del tutto sbagliato quello che dico. Io penso che De André partiva dal presupposto che si dovesse cercare un dialogo ed era assolutamente anti-manicheo... poi si sa
però che alla maggioranza fa comodo il manicheismo perché, sempre parole sue parafrasate, si girano e vedono che sono molti di più.
> >la descrizione di un amplesso è un topos molto frequente nei testi
> >delle canzoni italiane. Basterà citare il Baglioni di "Domani mai":
> Non amo molto Mina, ma devo riconoscere che la descrizione migliore di
> un amplesso in una canzone italiana è nella sua "L'importante è
> finire". Quello di De André in "Prinçesa" è pur sempre un amplesso
> ampiamente poetico, non credo che nessun transessuale brasiliano
> parlerebbe mai di un amplesso nei termini in cui lo fa De André.
> Altamente poetico, quindi irreale. Non si può a mio parere basare
> niente su questa cosa. Ma ricordo del racconto di De André di un suo
> amplesso con Dori Ghezzi durante il rapimento, nella disperazione e
> nella sporcizia.
Anche a me piace molto la canzone di Mina ma qui non ho detto che il pezzo di "Domani mai" fosse il più bello. L'ho solo messo come esempio molto vicino e calzante. Inoltre nelle mie
recensioni cerco sempre accostamenti tra cantautori e la splendida voce di Mina non scrive canzoni purtroppo.
> >A questo punto Fernandiño è morto.
> < Fernandinho >.
> Non per pignoleria, ma per consequenziare un po' il tuo intervento
> anche dal punto di vista della lingua portoghese.
Grazie per questo. E' molto interessante la precisazione lingiuistica, anche quella che hai fatto all'inizio su Prinçesa e mi piace pensare che non sia casuale.
> > il passeggiare di Prinçesa diventa
> >"recidivo",
> Come nella passeggiata domenicale delle puttane, in "A Dumenega",
> chissà.
> > finalmente viver.
> O finalmente "morrer"?
Beh, non la vedrei così drastica... in fondo la luce di Prinçesa splende di luce propria finalmente. Ma dipende dall'interpretazione.
> Salut,
Ciao e grazie. Se ne recensisco una di Guccini te la sottopongo subito ;-)
Riccardo Venturi:
On Fri, 21 Nov 2003 21:56:06 GMT, paolotalanca@inwind.it
(PaoloTalanca) wrote:
> Certo. Qui forse ho dato il mio ragionamento troppo per scontato:
>riferendomi al rapporto con Dio in questo caso mi riferisco direttamente a
>"La buona novella", ma è chiaro che non si può tralasciare tutto quello che
>c'è in mezzo.
A mio parere una più autentica e definitiva definizione del suo
"rapporto con Dio, De André la ha data in due semplicissimi versi della "Canzone del padre": "Si fermò un attimo per suggerire a Dio di continuare a farsi i fatti suoi". Ed a questo principio mi
sembra possa essere improntata anche la "Buona novella", stracolma com'è di personaggi che sono vittime di un Dio che i cazzi suoi non se li fa proprio mai e stravolge l'esistenza delle persone,
a cominciare da quella di Gesù Cristo. Nato già "figlio di Dio", senza possibilità di fuga.
A me piace ogni tanto immaginare album mai scritti. Ad esempio, una "Buona novella" (che in
questo caso sarebbe stata addirittura ottima) di un "figlio" che si ribella al "padre" divino come ogni
figlio ribella a suo padre, negli anni dell'adolescenza. Un Gesù che lo manda in culo, scappa di casa, vive la sua vita e muore la sua morte senza croci. E che Dio si trovasse un altro bischero disposto
a fargli da "figlio".
> Ma io credo che sul significato di "anima" nessuno mai abbia pensato ad
>un'altra soluzione. Il nocciolo sta in quel "salve" che la religione ci pone
>come un stato da raggiungere (dopo la mela) tramite la fede, convincendoci
>tramite la paura della dannazione eterna. Sono d'accordissimo con te che
>quel "salve" vuol dire "preservazione ad uno stato che già è", proprio
>perché il peccato di cui aver paura non è che un pretesto, un'arma per
>incutere timore. L'anima nasce salva e quindi il titolo "Anime salve" è un
>assioma.
E qui si torna in fondo al discorso di prima: in effetti, la storiella del "peccato originale" è uno dei principali strumenti di Dio per non farsi mai gli affari suoi. Berto, figlio della lavandaia, con il suo
brutale "invito" assurge secondo me a teorico delle "anime salve", colui che ne ha espresso il principio fondamentale. Sotto Berto, chissà, potrebbe quasi celarsi Gesù stesso, con una Maria
che fa la lavandaia e viene seppellita in un cimitero di lavatrici avvolta in un lenzuolo (quasi come gli eroi). E la puntigliosa confutazione, punto per punto, che Tito fa dei "comandamenti" è una precisa
ed estrema presa di coscienza dell'essere umano contro l'invadenza totale di Dio nella sua esistenza. Peccato per quell' "amore" imparato in extremis, che stona totalmente con il resto della canzone;
se Tito avesse fatto come gli impiccati della ballata, sarebbe stato meglio.
> Anche a me piace molto la canzone di Mina ma qui non ho detto che il pezzo
>di "Domani mai" fosse il più bello. L'ho solo messo come esempio molto
>vicino e calzante. Inoltre nelle mie recensioni cerco sempre accostamenti
>tra cantautori e la splendida voce di Mina non scrive canzoni purtroppo.
Sono tra l'altro tra coloro che pensano che il limite più evidente di Mina sia proprio l'esagerazione della sua voce.
> Grazie per questo. E' molto interessante la precisazione lingiuistica, anche
>quella che hai fatto all'inizio su Prinçesa e mi piace pensare che non sia
>casuale.
In effetti la cosa mi ha sempre colpito, anche perché De André è, usualmente, assai esatto dal punto di vista linguistico.
>> > finalmente viver.
>> O finalmente "morrer"?
> Beh, non la vedrei così drastica... in fondo la luce di Prinçesa splende di
>luce propria finalmente. Ma dipende dall'interpretazione.
Bisognerebbe analizzare punto per punto le cose enumerate nella "litania" finale di Prinçesa. Non so come mai, ma da tutto ciò ho sempre ricevuto un'immagine (volutamente) oleografica del
Brasile, che è per altro uno dei luoghi in assoluto più "oleograficizzati" al mondo. In questo divide la palma con Napoli. E De André si è occupato anche di Napoli. Singolare questo da parte di uno
che proveniva da uno dei luoghi meno oleografici del mondo, Genova.
> Ciao e grazie. Se ne recensisco una di Guccini te la sottopongo subito ;-)
Ma guarda che lo hai già fatto e ti ho risposto a suo tempo :-)
Comunque attendo fiducioso.
Salut,
--
*Riccardo Venturi*
Dido:
> Sembra quasi una sorta di ibrido (forse
> voluto, forse addirittura simbolico?)
non potrebbe trattarsi di ignoranza?
> Siamo stati abituati a
> considerare "Anime salve" come il "testamento" di De André solo per il
> semplicissimo motivo che è stato il suo ultimo album e poco dopo è
> morto.
sono d'accordo al 200 %!
> Dovresti chiarirmi qui che cosa abbia a che fare etimologicamente
> "anime salve" con la solitudine. La cosa non mi è per niente chiara.
te lo spiego io
una volta De André disse che Anime salve aveva etimologicamente il significato di "spiriti solitari": da allora tanti pappagalli lo ripetono senza sapere se è vero o meno quella di ripetere a pappagallo
, noto, è poi una tendenza diffusa tra i fan di De André ricordo che tempo fa qualcuno disse che in "Andrea" c'erano chiarissime allusioni all'omosessualità.. chiarissime ed evidenti, già, chissà dopo
aver letto quale commento io, per esempio, non ho ancora trovato in giro una spiegazione della canzone
"Parlando del naufragio della London Valour";
vedrai che prima o poi qualcuno abbozzerà qualcosa e molte persone scrivendo di questa canzone faranno finta di aver saputo da sempre i vari significati e metafore che si nascondono nel testo (od anche nella musica, perché no?)
> Non so come mai, ma in "Prinçesa" vedo molto più forte la voglia di
> prendere disperatamente per il culo, piuttosto che di creare un
> "dialogo".
io penso che cercasse invece il dialogo..
>> finalmente viver.
> O finalmente "morrer"?
Faber amava la vita!
ciao!
dido
Franco Senia:
Il 23 Nov 2003, 22:53, "dido" <mastrolindo@wc.net> ha scritto:
> te lo spiego io
> una volta De André disse che Anime salve aveva etimologicamente il
> significato di "spiriti solitari": da allora tanti pappagalli lo ripetono
> senza sapere se è vero o meno
> quella di ripetere a pappagallo, noto, è poi una tendenza diffusa tra i
>fan di De André
da
SENZA TITOLO
Intervista a Fabrizio De André
(di Gianni Perotti - Re Nudo N. 6, marzo 1997, rivista di cui Fabrizio De André era azionista)
(....)
GP: In Anime Salve ci sono i testi con immagini e parole addirittura dolorose per quanto secche e
spietate. Cosa si muove nel tuo profondo?
FdA: Anche nell'altro disco, Le nuvole, c'era un linguaggio crudo, ma la differenza fondamentale è
che allora si ipotizzava, quasi si toccava l'esigenza di trasformazione, una trasformazione duramente contrastata da chi non la voleva. Quindi ne parlavo ancora con astio, mentre adesso la
trasformazione è in atto. Quelle minoranze di cui parlavo già nelle Nuvole (Nuvole si divide in due parti, nella prima parla il potere e chi lo sostiene, nella seconda chi il potere lo subisce), in Anime
Salve stanno diventando una maggioranza. C'è della spaccatura: da una parte ci sono le merci il denaro, dall'altra c'è l'economia del dono e dello scambio. Adorno diceva che è giusto produrre
per vivere, non vivere per produrre. Penso ad esempio ai paesi asiatici, dove interi popoli sono costretti a produrre enormi quantità di beni a basso costo per poter sopravvivere. Quando questa
contraddizione diventerà anche per loro inaccettabile, il sistema capitalistico avrà enormi contraccolpi, probabilmente si sfascerà. Ci sarà una maggioranza che sostituirà il dono e lo
scambio all'economia del profitto per potersi difendere dalla morte per inedia. In Anime Salve c'è questa differenza; il linguaggio è aspro ma senza più astio perché non sono i vinti quelli che parlano,
ma i vincitori. Ci sarebbe poi da disquisire sul fatto che nel titolo "Anime Salve" c'è l'etimo delle due parole: anemos e olos, spirito solitario, quindi unico, ma intero. Le Anime Salve sono in realtà i
solitari, perché soltanto attraverso la solitudine penso si possa ottenere quel contatto con ciò che i Greci chiamavano l'Assoluto e che noi potremmo chiamare Grande Mistero.
(...)
> ricordo che tempo fa qualcuno disse che in "Andrea" c'erano >chiarissime
allusioni all'omosessualità.. chiarissime ed evidenti, già, >chissà dopo
aver letto quale commento
magari si era limitato a "leggere" il testo, a proposito di andrea che ha perso un amore, morto sulla bandiera, ucciso sui monti di trento dalla mitraglia.
E, a meno che "andrea" non sia nome femminile, come usa in germania.....
> io, per esempio, non ho ancora trovato in giro una spiegazione della
>canzone "Parlando del naufragio della London Valour";
qualcosa si trova sul sito di walter, www.viadelcampo.com, sia nella discografia che nella faq
messa su da exebor.
Ad ogni modo, mi pare che tu avessi già posto, sul newsgroup, una domanda del genere; e mi pare anche che avessi ricevuto delle risposte.
> vedrai che prima o poi qualcuno abbozzerà qualcosa e molte persone
>scrivendo di questa canzone faranno finta di aver saputo da sempre i >vari
significati e metafore che si nascondono nel testo (od anche nella >musica,
perché no?)
cos'è codesta? cultura del sospetto!!??
salud
-- Franco Senia --