Gli Artenovecento nascono nell'autunno del 2002 da un impulso incontrollato di Matteo. Infastidito dall'ennesima estate fatta di Festivalbar e radio che ripetono gli stessi 5 inutili pezzi in heavy rotation, e desideroso di
ascoltare qualcosa di diverso dal beneamato Heavy Metal (di cui tutt'ora si concede una buona razione quotidiana), decide di mettersi un po' in discussione e misurarsi con qualcosa di sconosciuto: ad esempio la musica italiana
d'autore.
E' incuriosito da una canzone che ha sentito poco tempo prima da un amico della quale ricorda solamente il nome della protagonista: Bocca di Rosa. Dopo una rapida ricerca in Internet scopre che è di Fabrizio De
André, nei successivi cinque minuti si autoflagella per l'ignoranza e nella settimana seguente reperisce l'intera discografia.
Un po' per ozio, un po' per fortuna, un po' per una imprevedibile intuizione Matteo muove i
primi passi sul sentiero di Faber (come lo chiamerà dopo qualche tempo di conoscenza in differita). Si documenta in lungo e in largo e alla fine decide che sarebbe un peccato lasciare al caso il compito di fare incontrare De
André ai suoi amici e a chi non lo conosce, e altrettanto triste sarebbe lasciare che poco a poco la memoria di lui svanisca nella mente di chi lo ha conosciuto, ascoltato ed apprezzato.
Gli Artenovecento sono diretta
emanazione di questi due desideri, e nascono pertanto per la necessità di divulgare e ricordare la musica e il pensiero del massimo cantautore italiano. Non c'è intento educativo o interpretativo ma semplicemente quello
comunicativo di condividere con quanta più gente possibile una scoperta preziosa, e la convinzione che ascoltare Fabrizio anche solo per un po' sia un'esperienza che va fatta anche per poi dire "no grazie".
Il primo
spettacolo del 22 novembre 2002, si intitola "Io mi dico è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati.." e contiene esattamente questo spirito di divulgazione senza pretese educative, la convinzione che un tipo come
Fabrizio sia come minimo da incontrare.
In varie forme e con vari mix di teatro, poesia, multimedialità e musica il tributo ha sempre mantenuto questo spirito di fondo prediligendo, per quanto riguarda la parte musicale,
arrangiamenti delicati e strumenti prevalentemente acustici che lasciano emergere le parole, colonna portante dell'opera deandreana.
Al progetto hanno partecipato, per periodi più o meno lunghi ma ugualmente intensi,
tantissime persone che hanno imparato molto l'una dall'altra e alle quali va il merito della crescita degli Artenovecento da piccola idea a grande realtà nel panorama delle tribute band romagnole (che, vale la pena ricordarlo,
sono almeno 3, cosa che fa onore alla nostra terra).
Fabrizio si è rivelato un mezzo formidabile di socialità, con i collaboratori, i compagni di gruppo, il pubblico delle età più disparate, un trait d'union che ci
permette tutte le volte di superare quello stupido scalino che separa un gruppo dalla platea e di unirsi mentalmente ad essa senza per questo fare massa. Ognuno trova sempre un suo motivo per stare assieme in nome di Faber,
perchè ha saputo magnificare le debolezze più svariate, esaltandole invece di censurarle.
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