'Andrè', questo il nome del nostro gruppo omaggio all'inarrivabile cantautore genovese. Stefano Cester - service audio e luci, Cristiano Da Ros - bassi e contrabbasso, Federico Cassandro - batteria e percussioni,Davide Cassandro - chitarre elettriche e acustiche, Cristiano Gallian - chitarra classica, dodici corde e ukulele, Marco Pollice - piano e programmazione, Daniele Amitrano - piano e chitarra, Andrea Marchesan - voce e regia.
Nonostante sia già trascorso più di un decennio dalla sua scomparsa, cresce sempre di più l'amore dei suoi fan e la cosa che più entusiasma è il sapere che i
giovani, seppur rappresentati da un'esigua minoranza, vogliono conoscere Fabrizio. In un mondo, quello musicale, dove prevalgono 'valori' effimeri e volubili e dove la musica stenta a regalare emozioni,
l'attenzione rivolta all'ascolto dei 'nostri' cantautori, gli intramontabili, da parte delle nuove generazioni rappresenta una boccata d'aria fresca. Noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di riproporre queste
melodie nostalgiche, non tanto per il loro intrinseco significato, ma più che altro per il ricordo che scaturiscono, degli anni in cui furono composte, anni di cambiamento, di rivolta, di libertà, insomma anni diversi... E qui
sorge il dilemma: oggi, a distanza di 20-30 anni da quando De André musicò le sue canzoni, in che modo conviene riproporle? Una rilettura fedele dell'originale suonerebbe tanto come clone (quasi sicuramente) mal riuscito
che disturberebbe non poco il pubblico; al tempo stesso siamo convinti che un totale stravolgimento dello spettacolo possa allontanare gli ammiratori stacanovisti. Quindi non prendiamo una posizione univoca, osiamo, certo, ma
con criterio e soprattutto umiltà. I brani che presentiamo in scaletta sono stati studiati in maniera certosina, e in ognuno di essi, anche i più 'leggeri', è stato dedicato il giusto tempo per cercare di ricreare
quell'atmosfera che solo lui sapeva regalarci; questo il nostro obiettivo, che cerchiamo con tutto il cuore e la modestia di raggiungere ed offrire a chi avrà la voglia ed il piacere di venire ad ascoltarci. L'impegno
da noi profuso in sala prove è stato immenso e se proprio non dovessimo riuscire... 'se non sono gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo'!
Fabrizio De André: poeta o cantautore?
Rispondiamo
come avrebbe risposto lo stesso Fabrizio De André: 'Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest'età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e
i cretini. Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d'arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l'esuberanza creativa'... In effetti il dilemma è oramai
d'interesse primario quando si parla di De André, una delle prime domande rivolte all'interlocutore. Chi propende per il poeta, chi per il cantautore, alcuni teorizzano una figura li possa accorpare entrambi, altri
ancora escludono tutto. Non riteniamo di poter dare una risposta unidirezionale, equivarrebbe ad etichettare un personaggio che già per troppo tempo è stato classificato e boicottato dalla gente di 'potere'. Comunque,
se proprio si deve scegliere tra le due, propendiamo per una figura di mezzo, il 'cantastorie'; cioè chi ha qualcosa da dire, ma non si prende troppo sul serio per non destare polemiche e scatenare malumori,
quell'artista che sa come attirare l'attenzione degli animi più sensibili e con le giuste parole riesce a rendere favola anche un fatto di cronaca nera. Questo è il cantastorie.
Oggi il cantastorie dove lo si incontra? Chi può incarnare questa figura: solo l'artista di strada oppure c'è spazio nella discografia
"ufficiale"?
Oggi è molto più difficile il 'fare' qualsiasi cosa. Dal trovare lavoro al creare arte. La crisi ha colpito un po' tutti i settori, non escludendo il mondo della musica. Un'ardua
impresa è persino il solo mettersi alla ricerca di personalità come Gaber, Bertoli, Battisti e lo stesso De André. Per potersi fare ascoltare i giovani 'cantastorie' hanno virato verso un genere apparentemente agli
antipodi, il rap, canale di sfogo delle nuove generazioni, ma ovviamente non paragonabile alla poetica cantautorale dei nomi precedentemente citati. Dai primi anni '90 ad oggi, questo genere musicale ha subito numerose
evoluzioni, e chissà, può anche darsi che in futuro venga riconosciuto come forma di poesia dagli stessi 'vecchi' cantautori.
In quali aspetti trovate, se la trovate, un'evoluzione nella maniera di
produrre musica da parte di De André nel corso della sua carriera?
Sicuramente, come per tutti gli artisti che si rispettano, anche in Fabrizio De André c'è stato un momento di svolta, forse anche più d'uno. Un
evento scatenante che fece comprendere a lui, e a chi gli orbitava attorno, quale importanza poteva avere il suo messaggio. Prendiamo come esempio il suo esordio sul palcoscenico della 'Bussola', salotto buono della
borghesia, che poteva permettersi di pagare cachet altissimi per l'epoca. La sua innata avversione all'esibizionismo dovette scontrarsi con ciò che in realtà il suo pubblico voleva: l'esibizione per l'appunto!
Se prima Fabrizio scriveva canzoni per il puro piacere di dire qualcosa, di far riflettere, di argomentare temi spigolosi, ecco che da quel momento capì che non era più da solo a comporre, ma aveva tantissimi occhi indiscreti
puntati addosso, bramosi di altre composizioni. Ed ecco la ricerca della perfezione, quella maniacalità del prodotto finale che nei primissimi anni invece latitava. Colori mediterranei, strumenti ricercati, atmosfere
strabordanti di sentimento e il testo, il testo che ha sempre contraddistinto il suo lavoro da quello di altri colleghi, il dedicarsi agli oppressi, ai respinti, agli ultimi... anche questa fu un'evoluzione nella sua
carriera. Sempre per effetto della casistica, del fato: il rapimento subìto in Sardegna. Tanti episodi influiscono sul percorso umano di ognuno di noi; c'è chi sa farne tesoro e mettersi a disposizione di tutti, altri che
invece preferiscono mantenere l'accaduto all'interno di una sfera sentimentale privata. Fabrizio De André, oltre che un ottimo poeta/cantautore, è stato un maestro di vita, con la sua solita eleganza e diplomazia ha
sempre saputo destreggiarsi anche in mari mossi ed inquinati; la sua musica è la prova emblematica del suo essere 'diverso'.
Quali canzoni vi soddisfa di più interpretare?
Come in tutti i gruppi c'è chi
preferisce un pezzo, chi un'altro... Penso che per alcune canzoni ci sia un amore condiviso più o meno da tutti, ma al momento salta alla memoria un solo titolo: 'Princesa'! E' quello che alle prove riscontrava
più consensi e che durante il suo svolgimento raccoglieva più sorrisi e manifestazioni di approvazione. E' stupendo vedere i propri compagni ed amici divertirsi nel fare musica. Ovviamente ci sono tanti altri pezzi che
riteniamo fondamentali in questo percorso, magari più introspettivi (come 'Creuza de ma', 'La canzone di Marinella' e 'Ho visto Nina volare'), altri invece più spensierati (per esempio 'Un
giudice', 'Bocca di Rosa' e 'Don Raffaé'), ma tutti concorrono a formare quel qualcosa di magico che cerchiamo di regalare al nostro pubblico.
Dove lo trovate oggi il messaggio di De André quando incontrate il pubblico? Mi spiego meglio: dove si instilla "la goccia di splendore" che accomuna tutti i
fan di De André?
C'è chi è artista per lavoro e c'è chi lo è per amore. Due modi contrapposti di fare la medesima cosa, con risultati chiaramente differenti. Il primo cura l'aspetto economico della faccenda, il
secondo quello umano. In quelle due ore di spettacolo il nostro intento è di far dimenticare al pubblico i problemi personali, i guai al lavoro, lo stress quotidiano, e tutte quelle questioni inerenti alla sfera privata.
Indurre tutti ad un fatato oblio tramite le opere di Fabrizio De André e ci accorgiamo di esserci riusciti se l'applauso scatta quando non è stato preventivato. Lì si capisce che, nel nostro piccolo, ce l'abbiamo fatta!
E la cosa non è semplice come si potrebbe immaginare: uno pensa - beh, una serata dedicata a De André, ci vanno tutti i fan del genere, ovvio che applaudono - non è proprio così! E' difficile, per quanto paradossale possa
sembrare, accontentare i fan, perchè si aspettano sempre tanto da ciò che ascoltano/guardano, anche perchè di tributi ce ne sono ormai tantissimi e si fanno i normali paragoni, ma anche perchè ai concerti non ci va solamente il
fan, ci va chi non sapeva cosa fare quella sera e accompagna l'amico/a interessato/a, la famiglia che dopo una cena si dedica un po' di svago, chi nemmeno sa della nostra presenza e si trova catapultato in una
situazione che non aveva minimamente previsto. Tanti aspetti da prendere in considerazione che non agevolano il lavoro di chi ripropone musica non propria, non basta saper suonare/cantare bene, bisogna ricreare quella
'goccia di splendore' che riesce a catturare l'attenzione di tutti, dai fan sfegatati, al gruppo di amici di passaggio che magari sono i primi, a fine serata, a venire a complimentarsi per lo spettacolo offerto!
André