Una storia sbagliata / Titti

1980
Italia
Edizioni
1980
Ricordi
SRL 10926
45 giri

Una storia sbagliata

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From: "Riccardo Venturi" <venturi@spl.at>
Newsgroups: it.fan.musica.de-andre
Sent: Saturday, November 30, 2002 1:32 PM
Subject: Una storia sbagliata

Una storia da dimenticare? Da non raccontare? Forse non e' neanche
cosi' complicata, almeno se si ha ancora la capacita' di usare della
propria memoria. E, forse, neanche "sbagliata". E' solo una storia, e
le storie non sono mai "sbagliate" o "giuste"; bisogna semplicemente
pigliarle da ogni angolazione possibile, perche' ogni storia e' una
serie di domande alle quali tocca rispondere. Domande a volte espresse
per affermazione o come racconto, come una serie di immagini; domande
che ne ingenerano altre, dalla piu' semplice ("che vuol dire...?")
alla piu' complessa. Domande che non si fanno piu'. Ricordo quando, su
questo NG, dalla domanda piu' semplice magari espressa da qualcuno che
entrava e si volatilizzava, scaturivano discussioni  nelle quali ci si
sforzava di rispondere, a quelle cazzo di domande. E neppure quelle
risposte erano "giuste" o "sbagliate"; erano solo risposte.

Una storia politica o una storiaccia "da basso impero"? Perche' c'e'
di mezzo la morte di uomo, Pier Paolo Pasolini, che ha fatto politica
e che ha dato il suo contributo a segnarla, in questo famoso
"dopoguerra" che e' sempre di piu', oramai, un "anteguerra" o forse
addirittura un tempo di guerra; il cannone nel cortile lo lucidiamo
sempre, dev'essere pronto in ogni momento. Fabrizio de Andre' sa
esprimersi per contrari. Una storia da dimenticare quando, con le sue
parole, la fissa per sempre nella memoria; una storia da non
raccontare quando, con le sue parole, la racconta come forse nessun
altro ha saputo fare. Domande.

Non sono e non sono mai stato un "pasoliniano".
Ammetto onestamente che su tale cosa pesa, e pesera' sempre, la storia
di Valle Giulia e dei celerini "figli del popolo". Che vada
definitivamente a fare in culo, il "popolo". La poesia di Pasolini la
butterei nel cesso in blocco, se non fosse per quelle prime,
bellissime, poesie in friulano. Dalla passione di Pasolini per il
"Lumpenproletariat" sono nati dei romanzi e dei film perfettamente
definiti da De Andre': "storie diverse per gente normale", "storie
comuni per gente speciale". Come la morte stessa di Pasolini. Lo
scorso due novembre sono stati ventisette anni. Ventisette, lunghi,
anni fa.

Una storia un poco scontata, come dicono anche le cronache
giudiziarie; talmente scontata che la reazione generale fu quasi di
logicita'. Pasolini non poteva che finire cosi'. Un ragazzino adescato
in qualche borgata o bidonville di Roma. Un "terrain vague" di
periferia. Delle cose chieste (domande) e rifiutate (risposte). Una
botta e via. Una pietra sulla testa; fu quella la botta. E il "via" di
pneumatici che sgommano, che passano sopra un cadavere, che lo
sconciano. Processi, giudici, giurati, condanne, galere. Una panoplia
di cose gia' "deandreiane" di per se'; una storia scontata (sbagliata,
normale, diversa) e, al tempo stesso, un destino ridicolo. Una storia
sconclusionata. Ma di quale natura?

Se fosse solo una storiaccia di cronaca nera, perche' dovrebbe essere
"insabbiata"? E quella "spiaggia ai piedi del letto" che riporta ad
un'altra, antica storiaccia: il caso di Wilma Montesi. C'era di mezzo
un politico democristiano. Flash che arrivano, flash contemporanei,
flash di una Roma dove si moriva male, per mano poliziotta, per mano
fascista, per mano ben protetta. Come quella degli stupratori del
Circeo. Quelle facce di merda da "bravi ragazzi", Angelo Izzo, Andrea
Ghira e compagnia. La faccia insanguinata di Donatella Colasanti. Fu
lo stesso anno della morte di Pasolini, il 1975; solo qualche mese
prima. Storie sbagliate? Storie ordinarie? Diverse? Storie che si
intrecciano, perche' tutto questo riesce a riportare alla mente una
canzone. In questi casi, spesso, si tira in ballo l' "affresco".

Notti concitate che hanno valicato gli anni; e tante altre che non lo
hanno fatto. Che non sono state "risapute". Forse De Andre' ci ha
voluto parlare anche di quelle, o soprattutto di quelle. Questa
vorrebbe essere una specie di risposta, anche se non so se lo puo'
veramente essere.

Ora che il cielo ha colpito al centro quelle vite, ora che quelle vite
pian piano si spengono definitivamente nella dimenticanza, ora che
tornano i tamburi battenti dell' "arte per l'arte" e' bene far vedere
che De Andre', con la sua "arte", poneva e causava soprattutto domande
di varia natura. Era lui che scolpiva ai bordi, non il cielo. I
carabinieri ci hanno lavorato sopra quanto dovevano farlo, e avranno
fatto il loro solito lavoro. I rotocalchi dai parrucchieri sono da
secoli finiti al macero; qualcuno sara' stato persino "riciclato". Per
altre storie; perche' mica sono finite quella notte di novembre. Non
ci sono purtroppo piu' molte persone capaci di raccontarle, queste
storie "sputtanate" di tutti i giorni, di tutti i minuti.

Ma noi ci chiediamo sempre, e su tutto, come e' andata. In quel "non
ci chiedere piu' " finale e' contenuto il suo contrario: chiedici
sempre. Chiediamocelo sempre, per ogni storia. Lo sappiamo che tutto
sara' sempre sbagliato, come no; ma quando non ce lo chiederemo piu',
uscendo di casa, saremo morti. E io voglio essere vivo. Vivo come
Fabrizio de Andre'.

Salut,

--
*Riccardo Venturi*, venturi@spl.at
*Er muoz gelîchesame die leiter abewerfen
*So er an îr ûfgestigen ist (Vogelweide)
*59860 Bruay sur l'Escaut [France, Nord]
http://utenti.lycos.it/Guctrad/alamanno.html