Gesù di Nazareth e il Sessantotto italiano: percorsi (sospesi) di «umanizzazione» del figlio di Dio (La buona novella, Mistero buffo, Jesus Christ Superstar) (2022)
Giulia Pedrucci
Mistero buffo, La buona novella e Jesus Christ Superstar: pensando a queste tre opere, distanti per genere e per scelte politiche e nazionalità degli autori, non si può fare a meno di notare la vicinanza cronologica: 1969, 1970 e 1971 (prima volta in teatro, il film di Norman Jewison è del 1973). E soprattutto non si può fare a meno di notare la vicinanza cronologica con la cosiddetta “rivoluzione studentesca”. Il Sessantotto viene qui preso in considerazione non tanto dal punto di vista politico delle proteste di piazza, quanto da quello religioso: quel clima di grande cambiamento, cioè, che si verificò in seno alla Chiesa all’indomani del Concilio Vaticano II, che, fra le altre cose, sancì l’abolizione della lingua latina nella liturgia, donò nuova linfa alle iniziative dei preti operai e che portò alla nascita delle messe beat. Le opere di Dario Fo, Fabrizio de André, Andrew Lloyd Weber e Tim Rice verranno lette, assieme alle opere di altri autori come Pier Paolo Pasolini, Diego Fabbri, Nikos Kazantzakis, Martin Scorsese e Francesco Guccini, alla luce di una sorprendente, a tratti provocatoria, quasi blasfema umanizzazione della figura di Gesù di Nazareth, umanizzazione che si basa in larga misura sui Vangeli apocrifi e che va a braccetto con l’irripetibile e galvanizzante utopia che animò quegli anni. Umanizzazione che va di pari passo anche con un’inedita valorizzazione della maternità. Se si vuole cambiare il mondo, forse è necessario cambiare anche Dio.