1975 Volume 8 (testi)
1 - La cattiva strada (Testo e Musica di Fabrizio De André e Francesco De Gregori) .. 4'33"
2 -
Oceano (Testo e Musica di Fabrizio De André e Francesco De Gregori).... . . . . . . . 3'11"
3 - Nancy (Testo italiano Fabrizio De André - Testo e Musica di Leonard Cohen)..... . . 3'57"
4 - Le storie di ieri
(Testo e Musica di Francesco De Gregori)....... . . . . . . . . ...... . .. . 3'15"
5 - Giugno '73 (Testo e Musica di Fabrizio De André)...
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3'31"
6 - Dolce Luna (Testo e Musica di Fabrizio De André e Francesco De Gregori)... ..... .
.. 3'25"
7 - Canzone per l'estate (Testo e Musica di Fabrizio De André e Francesco De Gregori).5'21"
8 - Amico fragile (Testo e Musica di Fabrizio De André)5'29"
(PA/LP54 clicca x ingrandire)
(SMRL6238 clicca x ingrandire
cover by Lucio)
Prodotto da Roberto Danè
Arrangiamenti e direzione d'orchestra: Tony Mimms
Registrato negli studi Ricordi di Milano
Edizioni:
1975 1a Edizione Produttori Associati PA/LP54 –
copertina apribile
contenente all'interno tutta la discografia ( BB & P.A. ) edita sino ad allora; curiosamente nella scaletta
di Vol.3 viene riportata la presenza de "Il pescatore" (incluso
in un numero ridottissimo di copie) e non de "Il gorilla" –
Label con logo P.A. 180°.
1978 1a Edizione Ricordi SMRL 6238 – copertina identica
all'originale - Label di colore arancione/bianca.
1978 2a Edizione Ricordi SMRL 6238 – copertina identica all'originale - Label di colore azzurra senza la scritta "Dischi Ricordi s.p.a.".
1978
1a Edizione Ricordi SMRL 6238 – copertina identica all'originale - Label di colore azzurra con la scritta "Dischi Ricordi s.p.a.".
1983 1a Edizione Ricordi Orizzonte ORL 8900
– copertina completamente diversa –
Label viola senza la scritta "Dischi Ricordi s.p.a." a fianco del marchio Orizzonte – non è presente il codice a barre
sul retro della copertina.
1983
2a Edizione Ricordi Orizzonte ORL 8900 – copertina completamente diversa – Label viola con la scritta
"Dischi Ricordi s.p.a." a fianco del marchio Orizzonte
–
1987 3a Edizione dischi Ricordi Orizzonte ORL8900 è presente il codice a barre sul retro della copertina.
1989 Ricordi
CDOR8900
1995 Ricordi CDMRL6495 – copertina che riproduce fedelmente la grafica originale.
2002 BMG 74321 974592 – copertina che riproduce fedelmente la grafica originale.
2002 BMG Allegato a TV Sorrisi e Canzoni
– copertina che riproduce fedelmente la grafica originale.
2002 Ricordi 24 bit remastering 745927
2009 SONY BMG 88697454742
2009 Gruppo editoriale L'Espresso – 8
2010 SONY Music Entertainment Italia
SpA 88697673961- su vinile colorato
2015 SONY Music - Le Grandi Collezioni Mondadori - con libretto inedito
(Ricordi CDRML6495 clicca x ingrandire)
(BMG Ricordi allegata a TV Sorrisi clicca x ingrandire)
(BMG Ricordi 745927 clicca x ingrandire)
SONY BMG 88697454742
clicca per ingrandire
Gruppo Editoriale L'Espresso - 8
Stampa su vinile colorato e numerato - 2010
red <antonio@globalnet.it wrote in message
374E8256.231C2B35@globalnet.it...
L'astemio ha scritto:
Dovete sciogliermi un bel pacchetto di dubbi 'interpretativi'......
La
domanda è.....
CHI MI SPIEGA VOLUME 8
?
Della serie "domande facili".:-) ....visto che ho sempre pensato che Volume 8 potesse essere l'argomento di un libro di 1000 pagine, non scritto da me, ovviamente. Azzardo un improbabile quanto insufficente riassuntino.
Volume 8 e' il disco sicuramente piu' complesso di tutti, realizzato da Fabrizio a 4 mani con De Gregori, quando De Gregori ancora era lui...i tempi del disco della pecora, insomma. Le storie di ieri, addirittura, e' tutta di De Gregori, che la canta anche in Rimmel, mi sembra. E Nancy e' una traduzione di Cohen.
E' un disco di sogni, di illusoni spezzate, di amara consapevolezza della nostra (intesa come degli uomini) incapacita' di ritagliarci una condizione che ci aggradi in questo mondo. La scelta provocatoria della cattiva strada come inizio non e' casuale: la strada cattiva, le scelte all'apparenza errate, sono una sorta di "ultima spiaggia", che spesso molti intraprendono, magari inconsciamente, per cercare di contrastare il tempo che passa.
C'e' l'uomo che sceglie di condividere delle idee con altri (Le storie di ieri) e si riscopre uomo grazie ad esse (nel dettaglio quelle fasciste), senza chiedersi se siano sbagliate, ma interessato solo del risultato concreto del suo benessere.
C'e' il benestante di "Canzone per l'estate" che, dopo aver cercato di cambiare, di lottare, di dire la sua, si ritrova nella malinconica realta' di un mondo quotidiano fatto di famigliola, chiesa e felicita' dettata da regali materiali e non piu' da sentimenti.E "non riesce piu' a volare", ha smesso di sognare, di sperare, ha perso l'anima.
Oppure l'amarezza del marinaio (Dolce luna) che ricorda le settimane passate in mare, fra storie di pirati e corsari e balene fantastiche, ora che la realta' lo incatena a terra e lo costringe a regolarsi con una famiglia, e lui, che sogna ancora quelle onde, spera che suo figlio possa nascere, come per sogno, per incanto, dal rapporto con una balena (il terzo occhio inconfondibile e speciale), e vivere in quel mare che tanto ha segnato la sua vita. Grande canzone, dolce luna, molto arcana.
Personale ma sullo stesso tema dei sogni svaniti e' Giugno '73 che, l'ho letto da qualche parte, e' il racconto della storia fra De Andre' e la sua prima moglie, Enrica. Lui non era ben visto dalla famiglia, molto benestante e borghese, e cercava di ingraziarsi i suoi genitori pur sapendo che i
"musicisti" non erano molto ben visti in quei tempi dai ceti elevati. Ma, nonostante tutto, l'ultima frase, "e' stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati", lascia trasparire una volonta' finale (presente anche in Dolce luna grazie al figlioletto in arrivo) di ottimismo.
In fondo, pensandoci, il disco non e' pessimista, tutti i brani hanno in fondo una scintilla di lieto fine, o, almeno, di speranza per il futuro, al contrario, per esempio, di Tutti morimmo a stento, emblema della disperazione cosmica verso tutto.
"Ma c'e' amore un po' per tutti e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada"; una strada c'e' sempre, quell'amore, quei sogni tanto voluti da qualche parte si possono sempre trovare. Anche in "canzone per l'estate", quanto meno, non c'e' "piu' niente per potersi vergognare", come a dire il peggio e' alle spalle, ora sei libero di fare cio' che vuoi.
Di Oceano, sono onesto, qualsiasi cosa la direi senza un minimo di convinzione.
E' tanto bella quanto arcana, forse anzi proprio per questo e' bella.
Forse e' la paura per il futuro di due innamorati, che pensano a quando l'amore li lascera', e guardano al domani con paura sempre crescente, con l'impossibile speranza che il domani non arrivi mai.....forse ma forse......:-)) Miarrendo, su Oceano mi arrendo.
Amico fragile, per me, e' la piu' bella canzone di Fabrizio. E' la storia di un uomo, lui, che si rende conto grazie ad un episodio (una cena con degli amici borghesi, borghesi non nel senso politico dell'accezione, ma nel senso culturale, cioe' di persone che, diciamo hanno come unico scopo il materiale, il concreto, e raramente sognano e fantasticano), di come il destino di alcuni uomini, dei fragili, dei sognatori, di quelli che danno ancora un valore alle emozioni, sia destinato al macero, di come ormai questo mondo non lasci piu' spazio al valore di un pensiero, di un ragionamento che non sia banale, frivolo, dei "Come stai" detti non perche' ce ne freghi qualcosa, ma perche' l'educazione imponga di chiederlo.
Il vuoto che circonda i fragili.
Questa canzone Fabrizio la scrisse una notte, di ritorno da quella cena, in uno sgabuzzino per non essere disturbato.
Ma forse questa amarezza era dovuta solo al fatto che era molto, ma molto piu' ubriaco di noi.
E, visto come la penso, credo di esserlo anch'io.
red
Nota di De Gregori riguardo la canzone e De Andrè:
"Abbiamo scritto questa canzone, Fabrizio ed io, nel '74 o forse
addirittura nel '73. Lui stava preparando il disco che poi si sarebbe chiamato Volume VIII e mi aveva proposto di lavorare insieme dopo avermi conosciuto in un locale di Roma, il Folkstudio.
Passammo quasi un mese da
soli nella sua bellissima casa in Gallura, davanti ad una spiaggia meravigliosa dove peraltro credo che non mettemmo mai piede: in quel periodo avevamo tutti e due delle storie sentimentali assai burrascose ed era più o meno
inverno. Fabrizio beveva e fumava tantissimo e io gli stavo dietro con un certo successo. Giocavamo a scacchi, a poker in
due: ogni tanto prendevo il suo motorino e me ne andavo in giro per chilometri. Al mio ritorno spesso
lo trovavo appena alzato che girava per casa con la sigaretta e il bicchiere e la chitarra in mano e che aveva buttato giù degli appunti, degli accordi. Era uno strano modo di lavorare il nostro: non ci siamo mai messi seduti
a dire "Adesso scriviamo questa canzone". Semplicemente integravamo e correggevamo l'uno gli appunti dell'altro, certe volte senza nemmeno parlarne, senza nemmeno incontrarci magari, perché lui dormiva di
giorno e lavorava di notte e io viceversa.
Le musiche ci venivano abbastanza facilmente - Fabrizio era un eccezionale musicista - e le registravamo su un piccolo registratore a pile.
Così vennero fuori "La
cattiva strada", "Canzone per l'estate", "Oceano".
Lui aveva scritto da solo "Amico fragile" e poi aveva voluto inserire nel suo disco "Le storie di ieri" che la RCA (la mia
casa discografica di allora) si era rifiutata di farmi incidere sulla "Pecora".
E' difficile pensare a Fabrizio come uno che non c'è più: quando se n'è andato non ci vedevamo da parecchio tempo.
Credo di averlo sentito al telefono circa un anno prima che morisse ed aveva la sua solita bella voce, l'intelligenza correva sul filo.
Fabrizio era un uomo generoso e bellicoso, facile da amare e difficilissimo da
andarci d'accordo. Uno dei ricordi più belli che conservo di lui è quando andammo all'Idroscalo di Milano sulle montagne russe del Luna Park, insieme a Dori: scendemmo felici e ubriachi con lo stomaco in bocca e
andammo a finire la serata chissà dove.
Ho messo la nostra canzone in questo disco non per fargli un omaggio (Non ne ha bisogno e non so se gli piacerebbe). E' solo una buona canzone che oggi, dopo tutti questi anni,
sento un po' più mia.
GIUGNO '73
Da: matteo biagi <matteobi@infol.it>
Oggetto: Re: Giugno 73
Data: martedì 24 agosto 1999 1.11
per quel che ne so,parla
di una storia d'amore vissuta dal nostro tra il primo matrimonio e la storia con dori ghezzi. Evidentemente la storia con questa ragazza deve aver incontrato ostacoli legati alla differenza di stile di vita; la ragazza in
questione,di estrazione borghese, rimproverava a Faber atteggiamenti e/o addirittura le amicizie... credo comunque di aver letto anni fa in una intervista che Fabrizio fosse piuttosto legato a questa ragazza.
"io
ti dico è stato meglio lasciarci
che non esserci mai incontrati"
matteo
DOLCE LUNA
From: Riccardo Venturi <rventuri@sysnet.it>
Mailing-List: list fabrizio@egroups.com; contact fabrizio-owner@egroups.com
Delivered-To:
mailing list fabrizio@egroups.com
List-Unsubscribe: <mailto:fabrizio-unsubscribe@egroups.com>
Date: Fri, 26 May 2000 23:25:11 +0200
Reply-To: fabrizio@egroups.com
Subject: [fabrizio] Dolceluna
Sperando
d'incontrare qualcuna come lei, si mosse dalla sua casa davant'alla Fortezza per andare al Porto. Vestito d'una maglietta bianca e d'un paio di vecchi pantaloni, non è dato sapere di quale vino fosse ubriaco; e
non è dato, forse, neanche sapere chi fosse, anche se io lo conoscevo abbastanza bene per quanto conoscer si possa un'ombra. 20 luglio 1969, televisioni che gracchiano da ogni finestra.
Ruggero Orlando e Tito Stagno,
triste sera.
Eppure, la Luna è lassù.
Non si vede niente, dalla Piazza.
È lassù, e ben altri sono i fili dell'ignoto.
Da un altro porto, ma non da un altro mare, qualcuno lo vide camminare e s'immaginò
un vecchio marinaio. "It is an ancyent marinere, and he stoppeth one of the three"...? Che non avesse un posto dove andare, questo lo si sapeva; a parte una casa in via Pelletier, una stradaccia piena di vento, e
un'osteria.
E che gliene importava se la terra non lo aspettava sotto i piedi?
Sognava sempre di ballare!
Di mogli ne aveva avute addirittura due; alte, snelle. Ma per lui non esistevano più, che avessero pure un
altro uomo e un altra donna. Adius!
E mentre, dall'altro porto, il Poeta gli mandava a dire che era un uomo da buttare tendendogli una canna da pesca con incoccata un'esca dalle lunghe gambe (ah, Dylan! Storie di
ubriachi, anche se preferivi quell'orrida cervogia!), lui passava davanti alla Statua di Piazza Garibaldi frugandosi nelle tasche. C'era solo un po' di polvere di mare.
Sabbia d'una spiaggia popolare. I Tre
Ponti o il Calambrone, più lontano c'era la curva dove Vittorio Gassmann e Jean Louis Trintignant s'eran volati di sotto dopo l'ultimo Sorpasso.
"Qui Pasadena..."
Ma quale Pasadena. C'era solo
la Luna.
They came in peace for all mankind.
Lui camminava. Non poté testimoniare.
E non gliene sarebbe fregato poi molto.
All'altezza di Via Borra passò davanti al Monte di Pietà, e la Luna si specchiava nel
Fosso, davanti alle vecchie carceri.
Anarchico e comunista, diceva di cantare per non ammazzare.
Per ore ed ore poteva parlarti di tutte le sue guerre mondiali, e il
Poeta dell'altro porto lo sapeva.
Ogni
giorno, una guerra mondiale; lui, come si sa, comandava un
Sottomarino e glielo faceva vedere chi era lui!
Un foglio del "Telegrafo" di due mesi prima; due patate lesse e una scatoletta di tonno. Un bicchiere,
due bicchieri, una bottiglia si rimedia sempre. Basta chiedere!
In questi posti davanti al mare, un po' di vino lo trovi dovunque.
E ripensava sempre alle lunghe gambe. Facevano l'amore?
E chi lo può
testimoniare?
E intanto la notte passava.
Una notte sveglia.
Ma erano tutti quanti svegli. Solo per quella notte, però.
Lui, sempre.
Barcollando arrivò al Varco Galvani.
Triste, triste; lampare e
luci.
Vino e cazzotti.
Erano scene viste da sempre, quando arrivano i carghi da chissà dove. Li fanno stare magari per giorni alla fonda, e quegli uomini s'accumulano l'adrenalina melassata, salsa dell'andar
per mare. E sbarcano, sbarcano continuamente per chissà che cosa; gli svantaggiati. E il marinaio indiano barcollava con una specie di coltello nella schiena, in quella notte dove la Stella Polare aveva ceduto il passo
all'astro calpestato, bucato da una bandiera, violato dalla voce umana. Il timoniere di Shangay non lo sapeva che questo è pure il nome d'un quartiere di questa città, e gli anelli brillavano, brillavano. Lampare e
luci.
Lì per lì non se ne rese conto, e non era il primo che vedeva morire.
E non poté testimoniare.
Qui Pasadena, qui Apollo, qui...
La mattina, o forse nella notte stessa, i Carabinieri lo avrebbero
trovato.
Meglio scappare via.
Meglio ballare, perché, poi, il Maestro ci fa su una bella canzone, chissà. Come la chiamerà? La Tango-Notte? E il Poeta dell'Altro Porto gli dovrà spiegare della paralisi, di luci del mare
capovolto, d'una balena che lo aspetta al largo come il Colombre di Buzzati? E la Balena sono due donne alte, snelle, amore, amore, amore! Con chi ci vuoi dimenticare? Come fai a dire che non puoi testimoniare? Bevi, bevi,
Piero Litaliano! Hai passato la vita a bere e a sognar di bere!
Qui Pasadena, qui Apollo, qui...
Fu così che il Poeta dell'altro Porto volle dargli una mano. Un minuto, ed era da lui.
Le quattro e ventisette del
ventuno luglio millenovecentosessantanove.
A quei due non importava niente di non riuscire a nuotare, e la voglia di mare ce l'avevano su tutte le guance del mondo, destre, sinistre, sinistre, destre, destre,
sinistre...
Si trattava di dare dei nomi a quel che era successo.
Uno parlò d'una città, d'una statua, d'un porto delle illusioni, d'una chimera.
L'altro, che aveva visto ogni cosa, parlò
d'una Dolce Luna. Una storia, dicono, assai strampalata.
Si misero persino, e per gioco, a parlare in una lingua sconosciuta, che forse intendevano solo loro.
Ne spraken dünne fragen küer, ne skoargen dünne
flachert, ne skoargen
dünne bünne skräer, en dünne ne spraken gulakt. En argen bucht, en
hiregus skwäer, ne spraken dünne flachert, ne spraken dier, ne spraken
küer, ne spraken dünnen dachchrt.
Né parlar
tanto e chiedere un capriccio, né qualcosa fa vacillar tanto;
né allestire una scena tanto scarna, e neanche parlare preziosamente. E
una grande baia....né parlar tanto fa vacillare, né parlarti, né dir
capricci,
né parlar tanto... [...??...]
Ora, forse, capisco meglio.
(R.Vent.)
DOLCE LUNA.... come finisce?
"L'ultima strofa di "Dolce Luna" è una delle "vexatæ quæstiones" deandreiane più annose; di solito,
a quanto mi risulta, viene chiamata la "strofa in tedesco", ed in effetti certi fonemi, l'andamento fonetico generale ed anche alcune parole ricordano abbastanza da vicino questa lingua. Come tutti sanno, Fabrizio
è ricorso un'altra volta ad un "simil-tedesco" nella famosa strofa del "pinzimonien" di "Ottocento"; ma lì si tratta veramente di tedesco maccheronico chiaramente identificabile ed
interpretabile.
L'ultima strofa di "Dolce Luna", invece, rimane una specie di mistero.
In che lingua è? Si tratta di parole inventate di sana pianta, oppure interpretabili col tedesco e/o altre lingue
esistenti? La strofa potrebbe avere un significato ben preciso?
Domande difficili, ma forze meno impossibili di quel che sembra. Azzardo qui qualche ipotesi, avvertendo che quel che dico è esclusivamente frutto del mio
ascolto e, magari, anche della segreta voglia di recuperare qualche parola in più di Fabrizio. La prima cosa che ho fatto è una trascrizione fonetica del brano, che riporto in allegato sia in API (versione non semplificata),
negli esempi durante la trattazione delle ipotesi uso invece una sorta di "trascrizione grafemica" basata, in mancanza di meglio, sul tedesco letterario e sull'olandese.
È stata condotta ad orecchio e,
quindi, avverto che le mie sensazioni uditive potrebbero essere differenti da quelle di altre persone. Ho ovviamente un orecchio piuttosto "allenato" a queste cose, ma questo non significa necessariamente che le mie
impressioni, percepite da una registrazione, siano rigorosamente esatte.
Cercherò adesso di azzardare qualche ipotesi.
Innanzitutto, come detto, la "lingua" ha delle decise assonanze col tedesco. Parole
tedesche pienamente plausibili potrebbero essere le seguenti:
- dünne "sottili, esili, magre; scarse, poche"
- fragen "chiedere, domandare"
- Bühne "scena, scenario"
- argen
"forti, gravi; (dial.) "molto, tanto; grande"
- Bucht "baia, insenatura"
- dir "a te, ti"
Partendo da questa specie di "base" ed ipotizzando che la "lingua"
abbia qualcosa a che fare col tedesco, mi sono accorto di due cose di differente natura, ma ugualmente importanti:
a) Che la strofa presenta una struttura lessicale regolare, con ripetizione di parole ed intere espressioni
che potrebbero far pensare ad un "significato";
b) Che è totalmente assente una delle caratteristiche fonetiche storiche che identificano il tedesco letterario, ovvero la cosiddetta "seconda mutazione
consonantica".
Quest'ultima cosa mi ha fatto pensare ad un dialetto basso-tedesco.
I dialetti basso-tedeschi (che, malgrado il nome, sono parlati nella Germania settentrionale; la denominazione riprende quella
originale, "Plattdeutsch", nel senso che il territorio di tali dialetti è in generale pianeggiante) hanno una tradizione letteraria molto importante; nel medioevo il basso tedesco letterario era, ad esempio, la
lingua ufficiale della Lega Anseatica; uno dei loro caratteri distintivi rispetto al tedesco letterario e ai dialetti alto-tedeschi è l'assenza della "seconda mutazione consonantica" (per cui, ad esempio, si ha
la contrapposizione [ ik / ich ] "io", [spreken / sprechen ] "parlare", [ to / zu ] "a" (preposizione) ecc. I dialetti basso-tedeschi sono molto simili alla lingua olandese (di per se stessa,
storicamente, un dialetto basso-tedesco assurto a dignità di lingua nazionale).
Questo permetterebbe di "interpretare" altre parole, sia mediante il "Plattdeutsch" che mediante l'olandese:
-
spraken "parlare, dire" [ted. lett.: sprechen]
- flakkeren "guizzare; far vacillare"
- skorgen "allestire, approntare, fare"
- schraal "magro, scarno"
- guldacht
"prezioso, degno d'esser paragonato all'oro"
- nê (dial.) "né"
- kuur "capriccio, ghiribizzo"
Ammettendo (e non concedendo) l'esattezza di tale ipotesi, si potrebbe
azzardare già qualcosa:
"Né parlare tanto (e) chiedere un capriccio,
Né [..?..] tanto fa vacillare;
Né allestire una scena tanto scarna
E neanche parlare preziosamente.
E una grande baia,
E
[....... ??........]
Né parlare tanto fa vacillare,
Né parlarti,
Né dir capricci,
Né parlar tanto [....??....]"
Tutto questo ha un senso? Forse no, anche se cercare il senso di "Dolce
Luna" potrebbe autorizzare le "agudezas" più vertiginose. Ma non so se qualcuno ci aveva mai tentato prima, e quindi questa cosa sia presa, appunto, per quella che è.
Magari il buon Walter Pi sapeva già
tutto ed ha taciuto, il testo è in hindi del nord o in antico gallese, si tratta di una preghiera a Santa Cunegonda [...] Magari Fabrizio de André si è inventato ogni cosa e quindi il risultato è esattamente lo stesso.
Chiedo quindi perdono qualora vi avessi annoiato con queste elucubrazioni, e W Fabrizio de André.
________________________________________________________________
R.Vent.
Riccardo Venturi
e-mail: venturi@couriermail.de"
OCEANO
Ciao, sono un grande fan di Fabrizio da non molto tempo, e documentandomi su internet, non potevo non cadere nel tuo sito (che definirei "divino").
Essendo comunque più fan
di De Gregori, una delle pagine più interessanti per me è quella che riguarda VOLUME 8. Ho apprezzato la ricchezza di informazioni e tutto l'ipegno messo per dare spiegazioni. Posso venirti in aiuto riguardo alla mitica
canzone Oceano (scritta a 4 mani). Durante San Remo del 2003, Cristiano (figlio di Fabrizio) raccontò un piccolo aneddoto su di lui e
De Gregori, che spiega un po' tutta la motivazione della canzone. Ti allego le
informazioni che ho raccolto, ormai da più di un anno. Aspetto una tua risposta.
Ciao
Claudio.
Ecco il testo allegato:
Ha
raccontato il suo incontro con De Gregori negli anni 70 ai tempi di Volume VIII, ha cantato alcune strofe della bellissima "Oceano" scritta a quattro mani da Ciccio e da Fabrizio De Andrè, ed ha chiaramente detto che
De Gregori è stato ed è ancora uno dei suoi punti di riferimento. E' stato bello sentire queste cose ed è stato ancora più bello guardare la faccia ipocritamente ammirata di Pippo, il quale ha pessimi rapporti
(puntualmente documentati sui giornali) col Nostro
"Siamo in un sito dedicato a De Gregori e quindi mi sembra doveroso ricordare l'intervento di Cristiano De Andrè al
Festival di Sanremo proprio perché riguarda Francesco.
Penso che in pochissimi erano a conoscenza del vero destinatario di Oceano, di Cristiano che, a otto anni, chiedeva continuamente a Francesco "Ma perché Alice guarda i
gatti e i gatti, invece, guardano nel sole?". Ha raccontato poi che un giorno i due cantautori si chiusero in una stanza e tirarono fuori quel capolavoro per dargli tutte le risposte. Io, per esempio, ero convinto che fosse
dedicata a una donna.
Nel suo forum, Fegiz risponde così a qualcuno che era contrario all'intervento di Cristiano: "A me è sembrato un intervento carino e lui sincero. Ha raccontato un aneddoto che molti non sanno. Anche
la memoria storica fa cultura... ".
Vedete che avendo la giusta chiave di lettura, le canzoni di Ciccio sono di una chiarezza cristallina?
Ora che tutti sappiamo la storia di questa canzone, rileggetene il testo e
scoprite quanta poesia c'è dentro:
OCEANO
(De Gregori-De Andrè)
Quanti cavalli hai tu ceduto alla porta
tu che sfiori il cielo col tuo dito più corto
la notte non ha bisogno
la notte fa benissimo a
meno del tuo concerto
ti offenderesti se qualcuno ti chiamasse un tentativo.
Ed arrivò un bambino con le mani in tasca
ed un oceano verde dietro le spalle
disse "Vorrei sapere, quanto è grande il
verde
come è bello il mare, quanto dura una stanza
è troppo tempo che guardo il sole, mi ha fatto male "
Prova a lasciare le campane al loro cerchio di rondini
e non ficcare il naso negli affari miei
e
non venirmi a dire "Preferisco un poeta,
preferisco un poeta ad un poeta sconfitto"
Ma se ci tieni tanto poi baciarmi ogni volta che vuoi.
...Una volta avevo ascoltato in una discoteca una canzone che mi era rimasta in testa, mi era piaciuta tantissimo, ed era "Alice" di Francesco De Gregori. Nello
stesso tempo mi era rimasta in testa una domanda: ma perché Alice guarda i gatti e non può guardare quel lampione là o non può guardare qualsiasi altra cosa, un sasso piuttosto che un cespuglio, un albero? E volevo
chiederglielo, però non sapevo come, non lo conoscevo e avevo questa domanda da fargli... L'estate successiva scopro che sta iniziando a lavorare con mio padre ad un album che era "Volume ottavo". Figurati,
impazzisco, vado in Sardegna e me lo trovo lì, a casa. In pigiama. Che lavora con mio padre, seduto sul mio divano, con la chitarra, giovane, con la barba rossa, un po' fricchettone, era un grande e lo è tuttora, è una
persona che stimo moltissimo, non soltanto a livello artistico, ma anche umano... E allora io prendo coraggio e vado da lui. Questo è il figlio di Fabrizio, Cristiano; piacere Francesco. Comincio alla larga, poi piano piano mi
convinco e un giorno: Francesco, perché Alice guarda i gatti? Lui mi guarda con un occhio aperto e l'altro chiuso... Non mi risponde. E non mi ha mai risposto. Anzi mi ha risposto, però in un modo abbastanza inconsueto:
cioè scrivendo una canzone, con mio padre. Si chiama "Oceano", e devo dire che io sono orgoglioso di questa canzone perché è stata dedicata a me. E' la risposta di perché Alice guarda i gatti. Al che non mi
sono più sognato di fargli domande di questo genere.
Cristiano De André (1995)"
Claudio