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Dolcenera

La prima personale di Valentina Abbate, fotografa sassarese, sulle note di una straordinaria canzone di Fabrizio De Andrè

Dolcenera, femminilità in mostra

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Premessa: Non sono una professionista e non ho mai fatto mostre e quando mi è stata data la possibilità di farne una, ho pensato di realizzare qcosa di originale che unisse tutte le mie passioni:la fotografia, il teatro e la musica.
Chi meglio di DeAndrè poteva aiutarmi in questo?!?
Dolcenera è una delle mie canzoni preferite, sebbene molto difficile da interpretare  pertanto da questa canzone ho preso l'evento realmente accaduto, ossia l'alluvione!
Da quì l'Acqua
Tre momenti dell'acqua paragonati a 3 donne, 3 età, 3 stati d'animo
Federica: l'acqua cheta, l'adolescenza, l'ingenuità
Cristina:l'acqua che straripa, il passaggio dall'adolescenza alla maturità, la scopertà
della femminilità e del suo potere
Manuela:l'acqua che uccide, la donna matura, consapevole di poter far male e, se ferita,
beffarda e per niente pentita di far soffrire un innocente!
Ciao e grazie
vale
                              

4 FEDERICA 1 5 FEDERICA

 

 

 

 

1 CRISTINA 0022 CRISTINA 005

 

6 MANUELA 0057 MANUELA 1

 

 

 

Un evento totalmente autoprodotto mescola musica e immagini suggestive

articolo tratto dal quindicinale "QUI' SARDEGNA NORD "
"...Nera che porta via, che porta via la via... nera che picchia forte che butta giù le porte...". Dolcenera, una delle ultime canzoni scritte da Fabrizio De Andrè, è anche una delle più ermetiche. Partendo dall'alluvione di Genova del 1970, il geniale cantautore ligure (e sardo d'adozione) raccontò una sotira di depressione e tragica solitudine. Una giovane fotografa autodidatta, Valentina Abbate, ha tratto spunto da quello straordinario brano per la sua prima mostra personale, inaugurata il 7 marzo scorso e aperta fino al 4 aprile nello spazio del Beauty Club di via Quarto 12, a Sassari.

"De Andrè ha raccontato di una violenta massa d'acqua che improvvisamente, dopo decenni di placida quiete, si riversa violentemente  sulla città travolgendo tutto ciò che incontra. Io - spiega Valentina - ho immaginato quella furia impersonata da una donna". Anzi, da tre donne, ognuna delle quali rappresenta una diversa età e, quindi, una differente consapevolezza della propria femminilità.

Altrettante modelle - Federica, Cristina e Manuela - hanno prestato il loro corpo all'obiettivo. Ognuna di esse interpreta un personaggio, in una rappresentazione fotografica che è anche teatrale e musicale.

"Come l'acqua del fiume, a causa delle piogge torrenziali, si prese allora beffardamente gioco del mare mostrandogli per una volta la sua potenza e strappando tragicamente la vita a 25 innocenti, così con le mie foto voglio rappresentare la forza di una donna, delusa d'amore, che da  acqua cheta si trasforma in furia e si vendica con il primo uomo che incontra e ne fa strage". Una lettura decisamente originale, che si manifesta anche nei toni delle immagini: man mano che l'età avanza, come in un cammino verso la vendetta i colori si fanno sempre più accesi, addirittura brucianti e volutamente eccessivi, a richiamare l'apice della violenza.

La mostra, infatti, si apre con Federica , la più giovane delle donne di Valentina, che ricorda l'immaturità sbarazzina della gioventù, la bellezza tanto disarmante quanto spontanea: l'acqua cheta prima della tempesta.

Poi tocca a Cristina , che impersona la donna che inizia a rendersi conto del suo potere, ancora non esploso del tutto ma già pieno di malizia, quando inizia consapevolmente a sbocciare, come l'acqua che prende coscienza della sua potenza. I colori, in queste foto, rispetto alle precedenti diventano più caldi.

E infine Manuela , la donna matura e provocatrice, che beffarda si prende quello che vuole senza chiedere, senza rispetto. Questa donna, infine, non ha remore nel mostrarsi spavalda e padrona. E i toni esplodono fino a bruciare, nel colore del sangue, volutamente esasperato. Le sedici foto della mostra seguono

l'evoluzione della storia, raccontata con lo sfondo musicale delle canzoni di De Andrè: cinque per ogni modella, disposte strategicamente in un percorso preciso, che conduce fino all'ultima grande immagine che le racchiude tutte, rappresentando le tre donne in una sintesi conclusiva. Tutte le foto sono "autentiche" e, ribadisce con forza l'autrice, per nessuna è stato fatto ricorso alla postproduzione: niente ritocchi al computer, insomma. "Dove inizia il lavoro del grafico finisce quello del fotografo", spiega Valentina Abbate. I riusciti effetti delle immagini sono quindi frutto solo di scatti studiati nei minimi dettagli, dalla posa delle modelle alla luce giusta stoo cui impressionarle. Per il resto, tanta pazienza, ancora più passione e un impegno economico notevole per una mostra completamente autoprodotta. Si tratta della prima personale dell'autrice, che nel recente passato ha partecipato alla collettiva "In via Roma e dintorni", organizzata dall'associazione  "Mastros De Lughe".