Casamassima

Nota: La prefazione al libro di Casamassima è pubblicata per gentile concessione dell'Editore. Vi consiglio comunque di impossessarvi del libro, che riesce ad essere originale e completo, aprendo squarci belli e stimolanti sull'artista De André.

 

PREFAZIONE
al libro di Pino Casamassima "Fabrizio De André, La vita Le canzoni, Le immagini"
 

La fatica e l'amore. Questo era per me lavorare con Fabrizio.

Questo è stato produrre il suo ultimo lavoro. Ed è stato bello trovare le stesse prerogative nel lavoro di Pino. Dico bello non per la pigrizia di cercare altri oggettivi (una pigrizia che, comunque, mi appartiene per quanto riguarda la scrittura: è molto meno faticoso per me comporre musica), ma perché la parola bello mi riconduce a Fabrizio.

Stavamo lavorando ad "Anime salve" e gli chiesi come doveva essere l'arrangiamento di un certo brano: Bello mi rispose.

Guardate che fare una cosa ''bella'' è duro.

Soprattutto se si parte dal presupposto che deve essere bella.

 

E in più, si lavora con Fabrizio.

Uno che era capace di restare per un mese su un avverbio, un aggettivo.

Uno che era tanto legato al significato del testo da volerlo vedere abbracciato alla melodia con gli arrangiamenti: non un'unione, ma un matrimonio perfetto.

Uno fatica terrificante. Ma lavorare con lui significava soprattutto questo: sapere che il testo e la musica avevano valenze equivalenti. (E sbaglia chi crede che per Fabrizio il testo fosse più importante della musica). Se faticavo quindi su una singola nota, era perché lui aveva faticato nella scelta di quella parola: quella e non una simile.

Vi siete mai accorti di come Fabrizio scandisse alla perfezione tutte le parole delle sue canzoni? Lui voleva che si capissero bene quei versi, così come voleva che la musica fosse leggibile e allo stesso tempo coinvolgente. Parole contate con una voce unica, davvero unica (non c'è pigrizia neanche in questo caso: bisogno dire proprio unica). Quando, nei provini, Fabrizio entrava con la suo voce sulla "base", mi faceva venire ì brividi.

Una voce che col tempo era cresciuta, diventando quello che prometteva fin dai suoi esordi: uno strumento da brividi", appunto.

Una voce che doveva fare i conti con un complice formidabile qual era appunto l'impianto dei suoi testi. Liriche altrettanto uniche, ma che per la loro potenza, potevano finire col far ombra a tutto il resto, voce compresa.

Si parla della suo poesia, degli argomenti dei suoi resti, della sua sensibilità, anche musicale, della crescita della musica che nel tempo aveva accompagnato quei testi.

Raramente si è fatto giustizia sul cantante De André. Uno dei tanti progetti ipotizzati insieme riguardava proprio la centralità della sua voce.

Quella voce che abbiamo amato tutti. Quel suono caldo che avevamo quasi finito per dare per scontato, così come diamo per scontata la bellezza di una qualsiasi opera d'arte: è lì, sappiamo che c'è, nessuno ce la porta via. Una voce che invece non c'è più.

Uno dei più grandi rammarichi, e non solo mio immagino, è proprio questo. Che cioè il destino ci abbia fatto questo grande dispetto, portandosi via non solo la sua voce, ma tutto Fabrizio. Parlando con Pino, ho notato lo stesso rammarico, anzi, la rabbia per quello che Fabrizio avrebbe potuto dare ancora. Il fatto è che Pino ha sofferto la sua scomparsa come un'altra ingiustizia dei destino: quel destino che altrettanto prematuramente gli aveva sottratto altri "amori", e non solo appartenenti al mondo della musica. E' per questo, mi ha confessato, che dopo aver scritto libri di tutt'altra natura ha deciso, con rabbia (e amore, e fatica) di "far mio De André" con un libro: "Glielo dovevo". E' anche per tutte queste ragioni che trovo necessario, oltre che "bello", questo "Fabrizio De André, la vita, le canzoni".

PIERO MILESI