Volume I
Direttore d'orchestra – Gian Piero Reverberi
Produttore – Andrea Malcotti, Gian Piero Reverberi
Casa discografica – Bluebell Record
Stampato presso – Litouric
Edizioni – Edizioni Musicali Telstar
MONO. Copertina marrone apribile, con "Caro amore" – note interne scritte da Giuseppe Tarozzi – Bocca di Rosa che recita "il cuore tenero…….." e "San Vicario"
STEREO. copertina fotografica su carta lucida, non apribile e con gli angoli arrotondati - con "Caro amore". Note interne scritte da Cesare G. Romana, inserite sulla busta interna – Bocca di Rosa che recita "spesso gli sbirri……….." e "Sant'Ilario
come il precedente ma con carattere della scritta STEREO diverso, e codice BB/LPS 39 A sotto la scritta SEDRIM
Copertina fotografica su carta lucida, non apribile e con gli angoli arrotondati - possibile fascetta "Premio della critica discografica italiana 1968"
1a Edizione Produttori Associati BBLP 39 copertina Bluebell previa applicazione di un adesivo con la sequenza dei brani modificata ("La stagione del tuo amore" al posto di "Caro amore" ) – Label con logo P.A. (Produttori Associati) a 270°
2a Edizione Produttori Associati PA-LPS 39 copertina laminata senza angoli arrotondati – Label con logo P.A. a 180° - "La stagione del tuo amore" sostituisce definitivamente "Caro amore".
3a Edizione Produttori Associati PA-LPS 39 copertina opaca senza angoli arrotondati – Label con logo P.A. 180°. Scritta STEREO centrale con carattere diverso e colore bianco
Titolata "Fabrizio De André 3", ma contiene Vol. 1
Titolata "Fabrizio De André 3", ma contiene Vol. 1. Alcune hanno la scritta Canadian American
Titolata "Fabrizio De André Vol.1".Versione su stereotto, bordo nero
Titolata "Fabrizio De André Vol.1".Versione su stereotto, bordo giallo
1a Edizione Ricordi etichetta arancione/bianca - Bocca di rosa con "spesso gli sbirri..."
2a Edizione Ricordi etichetta azzurra – Label senza la scritta "Dischi Ricordi s.p.a." - Bocca di rosa con "spesso gli sbirri..."
3a Edizione Ricordi etichetta azzurra – Label con la scritta "Dischi Ricordi s.p.a." - Bocca di rosa con "spesso gli sbirri..."
1a Edizione Ricordi Orizzonte ORL 8898 (copertina diversa) Label di colore viola senza la scritta "Dischi Ricordi s.p.a."
2a Edizione Ricordi Orizzonte ORL 8898 (copertina diversa) Label di colore viola ( varie tonalità ) con la scritta "Dischi Ricordi s.p.a."
Titolata "Fabrizio De André Vol.1"
Ricordi CDMRL 6236. Prima uscita su cd
Ricordi Orizzonte CDOR 8898
BMG-Ricordi CDMRL 6493
Titolata "Fabrizio De André Vol.1"
BMG-Ricordi 74321974572 (CD) 24 bit remastering
SONY BMG 88697454692
Gruppo Editoriale L'Espresso 1
SONY MUSIC RCA 886975 997510 - Vinile rosso. Edizione numerata. In copertina riporta "Caro amore" ma sul disco c'è "La stagione del tuo amore"
SONY MUSIC RCA 886976 68851 - doppio vinile a 45 giri
Con "TV Sorrisi e Canzoni", Digipack (CD) maxi formato, con un libretto inedito di 32 pagine
Edizione rimasterizzata a 192kHz by Archivio del suono. Label nera
Edizione senza numero, RCS Mediagroup, venduto nelle edicole. Una prima stampa aveva un sibilo e venne sostituita. Piccolo errore nei titoli: "Si chiama Gesù" invece di "Si chiamava Gesù"
Archivio del suono, 700 copie.
RCA, Nuvole Edizioni Srl, 180gr, De Agostini, con libretto di 8 pagine
RCA
RCA
RCA, 180gr
Fondazione Fabrizio De André Onlus e Sony Music Italia ricordano Fabrizio De André con il progetto “WAY POINT. DA DOVE VENITE... DOVE ANDATE?”, per ripercorrere 25 anni con l’amato cantautore (scomparso l’11 gennaio 1999) attraverso le sue PAROLE, il suo PENSIERO, la sua VISIONE e i suoi ‘VIAGGI’ presenti e attuali ancora oggi.
Il progetto si svilupperà lungo tutto il 2024 con varie iniziative, volte a celebrare e a consegnare alle nuove generazioni l'eredità artistica e culturale di uno degli artisti italiani più seguiti e influenti, sottolineando come la genialità e la profondità delle sue parole e la sua visione unica continuino a ispirare.
Tra le principali iniziative, la navigazione completa nella sua discografia che prevede la riedizione durante l’anno di tutti i suoi dischi in studio in ordine cronologico.
Gli album saranno ristampati in versione LP nero 180 gr e CD, arricchiti da annotazioni autografe di Fabrizio De André, pensieri, riflessioni, commenti, estratti di interviste inerenti alle canzoni e agli album e alcuni documenti inediti conservati al Centro studi De André dell’Università degli Studi di Siena.
Rca Records Label
NOTE NELL'EDIZIONE DEL 1967
Definire un cantante è sempre qualcosa di molto difficile ma lo diventa ancora di più quando questo cantante è Fabrizio De Andrè, un personaggio schivo, al quale male si addicono gli echi mondani, i clamori della prima pagina. Introverso, anche, proprio come ogni ligure che si rispetti, forse diffidente del primo contatto umano e tutto dedito sempre al suo "particulare". (che è, poi, scriversi delle canzoni e cantarle, non importa se in una sala di incisione, o fra le mura di casa sua, per un grande pubblico o per quattro amici.
Quello che interessa è cantare, per esprimersi, per conoscere, per trasmettere delle proprie impressioni. Tutto qui. Ogni altra definizione sarebbe aleatoria e arbitraria. E' vero che Fabrizio è stato classificato - e con qualche giustificazione reale - come "cantante intellettuale", come "il cantante che fa rivivere il menestrello medioevale, il troubador provenzale". Ed è sicuramente altrettanto vero che dietro a Fabrizio esistono una solida cultura, delle buone letture, un dialogo coi poeti del passato.
Tanto per divertirci in un gioco di elencazioni potremmo fare alcuni nomi: un Villion, certi "poeti di piazza" della Francia prima di Montaigne, oppure i più vicini e più nostri Boudelaire, Verlaine, Rimbaud. Ma tutto ciò è marginale, anche se gioca il suo ruolo nella formazione del mondo creativo di Fabrizio De Andrè. Si prenda, per spiegarci meglio, la canzone "Preghiera in Gennaio" (forse l'esempio limite della gamma di toni di questo cantautore): basterebbe l'inizio, "Lascia che sia fiorito / Signore il suo sentiero", oppure certe immagini come "fate che giunga a Voi con le sue ossa stanche", per capire subito un clima, un entroterra culturale. Per capire che anche il De Andrè - e sia detto senza voler far comparazioni impossibili - si è lasciato tentare dalla "rima fiore / amore / la più antica, difficile del mondo".
Ma poi c'è la musica, così popolare, cosi melodicamente cantabile, così da romanza. E questa musica di colto, di intellettuale, di "commercio coi poeti" non ha proprio nulla. E allora si evidenzia l'altro aspetto del De Andrè, un aspetto fatto di attaccamento alle più pure ragioni popolari, veramente, autenticamente popolari della canzone italiana. Di modo che questo ligure introverso, chiuso, schivo, riesce ad aprirsi ad un lirismo immediato, mediterraneo, che può anche essere imparentato (e l'accostamento non sorprenda) da un lato con la canzone francese d'oggi - un Brassens - e dall'altro con quella napoletana dell'Ottocento.
Ma l'ascolto attento delle canzoni contenute in questo L.P., così diverse fra loro e pure così simili, potrà indicarci altre inclinazioni di gusto e di atteggiamento proprie di De Andrè. Inclinazioni decadenti, senza dubbio, ma anche di deformazione e di satira, di umori boccacceschi e picareschi ("Via del Campo", "Carlo Martello", "Bocca di rosa") che balenano qua e là improvvisi e nei versi e nelle inflessioni della voce. Voce che si muta e si plasma ad ogni diversa situazione che via via va cantando e raccontando. Voce che diventa uno strumento, un mezzo non per giustificare il "bel canto", ma per dare colori e toni alla storia, alla favola che in quel momento si racconta.
Perché, se è vero che Fabrizio De Andrè nelle sue canzoni si ispira sempre alla realtà, a fatti veri o che potrebbero essere veri, è altrettanto vero che questo non è che il punto di partenza. Quello di arrivo è la favola, il fatto che diventa simbolo. Certo, la cosa ha i suoi rischi, i suoi limiti, che sono poi quelli del bozzetto. Ma quando l'operazione riesce, allora si ottengono bellissime canzoni, come la celeberrima "Carlo Martello", o la recentissima "Bocca di Rosa" che "metteva l'amore sopra ogni cosa", canzone che ha il sapore di una ballata popolare con quel suo andamento, allegro e gioioso, a saltarello.
Di quando in quando l'inchiostro del De Andrè diventa triste e amaro, quasi cattivo. E' il caso di "Marcia Nuziale", una canzone che ha il sapore di una disperata malinconia, come di una rivincita andata a vuoto, di una sfida persa, con il ragazzo già grande che assiste alle nozze dei suoi genitori, accompagnandole suonando "con la gola tesa l'armonica come un organo da chiesa". Oppure la ballata sulla morte, vista come "l'estrema nemica", una nemica che "non serve colpirla nel cuore / perché la morte mai non muore". Gli esempi potrebbero continuare, ma questi possono bastare. E poiché la chiacchierata rischia di diventare troppo lunga bisognerà cercare una plausibile conclusione, come questa che tentiamo: in fondo ad ogni canzone del De Andrè c'è sempre l'uomo. L'uomo con le sue miserie e le sue gioie, le sue poche vittorie e le sue molte sconfitte e, soprattutto, col suo inesauribile bisogno di amore e di speranza.
Giuseppe Tarozzi
NOTE INSERITE NELL'EDIZIONE DEL 1970
Via del Campo è una straducola stretta e tortuosa nel cuore di Genova vecchia. Appartiene a quella rete di vicoli che, collocate a ridosso dell'angiporto fa storcere il naso ai Catoni della società bene, ma piace al poeti. Piace, dunque, a Fabrizio, che già in altra occasione ne ha cantato « l'aria spessa carica di sale e gonfia di odori », che si sposa al tanfo della spazzatura accumulata lungo i marciapiedi, all'odor di vino e di fumo che esce dalle bettole (poco distante, all'imbocco della via, l'ombra austera di una chiesa e la sede della «Protezione della giovane» sembrano messe lì a bella posta da un folletto in vena di sfottò).
Qui viene spesso Fabrizio, che è -a suo modo- un poeta e come tale ama scoprire il fondo delle cose, il colore autentico della realtà umana che è fatta anche di miseria, di tristezza, di inutili attese e di disattese promesse.
E' sempre stato un tema caro a Fabrizio, quello dell'uomo scrutato - e amato - nei capitoli più amari, nei risvolti fallimentari della sua storia. Che è essenzialmente, per lui, storia di agognati ma tanto spesso irraggiunti traguardi, di fronte alla cui evidenza diventa inutile la speranza illusoria e la ribellione pigmeiforme di chi vorrebbe opporre la propria fragile volontà alla violenza gigantesca del destino sempre pronto, quest'ultimo, a dissolvere con un colpo di spugna i poveri fantasmi che colorano i sogni dell'uomo con le luci di un impossibile paradiso.
Ecco perché non mi ha affatto stupito - alla luce di quanto avevo intuito dalla affettuosa consuetudine con lui uomo e con lui artista - che Fabrizio abbia composto, giunto ad un certo stadio della sua parabola creativa, «Via dei Campo». Che non è soltanto una pagina di amarissima poesia, ma, soprattutto, il ritratto emblematico di una condizione umana, la dimostrazione di quanto possa essere disagevole - oltre che improduttivo - il mestiere di vivere.
In questa cornice vivono i personaggi di Fabrizio e si consuma la loro attesa, che ha già in sé i germi del proprio nulla. Così la «graziosa» di Via dei Campo, la bambina ai cui piedi nascono i fiori, ma che «vende a tutti la stessa rosa» , la puttana che non potrà mai offrire altro che un paradiso provvisorio e, tutto sommato, l'inutile incantesimo di un quarto d'ora. Così il povero «illuso» che viene a cercare fra il letame, i fiori di un impossibile, assurdo amore. Così, in fondo, tutti noi. E allora?
Si vorrebbe credere, si vorrebbe sperare. Ma in che cosa, e in chi? Può accadere che nasca nel buio dei cuore la tentazione di una preghiera. Ma Dio dov'è?
«Dio dei cielo, se mi vorrai amare scendi dalle stelle e vienimi a cercare...». Noi non sappiamo individuare il confine che separa il sorriso dal pianto indicacelo Tu: « le chiavi dei cielo non ti voglio rubare / ma un attimo di gioia me lo puoi regalare... ».
Ecco allora, finalmente, profilarsi l'ombra di una speranza.
Fiducia, se non altro, in una giustizia finale che arriverà ad invertire le posizioni, castigando chi troppo ha goduto (« chi bene condusse sua vita male sopporterà sua morte »), affrancando chi troppo ha sofferto: « partirvene non fu fatica / perché la morte vi fu amica ». E' l'epilogo che il suicida di « Preghiera in gennaio » sceglie come unica alternativa « all'odio e all'ignoranza» che avvelenano la terra: «Lascia che sia fiorito, Signore, il suo sentiero...» . Non c'è altra certezza, non altro rimedio è lecito supporre al nostro male di vivere: «Dio di misericordia il tuo bel paradiso / l'hai fatto soprattutto /per chi non ha sorriso,/ per quelli che han vissuto/ con la coscienza pura: l'inferno esiste solo per chi ne ha paura ».
E prima? Diceva Ungaretti: «La morte si sconta vivendo». Nessuno si salva da questa legge, neppure coloro che Fabrizio chiama semidei, i fortunati. Come quel Carlo Martello il cui rango regale non vieta ad una qualsiasi sgualdrinella di sottoporlo ad una atroce turlupinatura; neppure coloro che, avendo raggiunto alle spalle degli altri una aleatoria felicità, troveranno il loro castigo quando la morte, «estrema nemica», verrà a rammentare loro «l'infinita vanità dei tutto».
Lungo queste costanti la meditazione di Fabrizio nasce e procede con frutti di una concretezza tanto più tangibile quanto più diretto - e sofferto - è il suo approccio con la realtà. E se a taluni troppo ampio potrà sembrare lo spazio che Fabrizio concede ad un pessimismo apparentemente distruttivo, non va dimenticato come esso trovi le proprie radici in un atto d'amore per l'Uomo, di ansia per la sua salvezza.
Cesare G. Romana
Nelle tarde edizione del 1967 al posto di "Caro amore" venne messa "La stagione del tuo amore"
Via del campo: inizialmente veniva indicata come musica del XVI secolo, tratta da una ricerca di Dario Fo e Enzo Jannacci. In seguito corretta in "Musica di Enzo Jannacci"
Carlo Martello: nuova esecuzione rispetto al 45 giri KARIM
Il Volume I di De André contiene la canzone che inizialmente mi avvicinò al grande Fabrizio: Via del Campo. E' una bella ballata, nello stile tipico del primo De André (molto testo, un filo di arrangiamenti). E poi "Via del campo c'é una puttana...", una parolaccia che non poteva che attirare l'attenzione di un giovincello come me (e molti altri ancora, in effetti).
Acquistato (diversi anni dopo aver sentito Via del Campo) l'LP, mi sono stupito della bellezza dell'insieme. La Preghiera in Gennaio è struggente e bellissima (solo da
poco ho saputo che era dedicata a Luigi Tenco). La Marcia Nuziale (derivata da Brassens) è una bella storia, affascinante e toccante. La diversità qui sta nel fidanzamento di 25 anni e del figlio che "suona l'armonica come un'organo da chiesa".
Spiritual è un vero spiritual, a mio parere molto ben riuscito (peccato che De André non ne ha scritti altri).
La stagione del tuo amore è dolcissima, come poche canzoni del repertorio di Fabrizio. Bocca di Rosa è un'altra canzone famosissima, ma che non mi ha mai "toccato veramente" (bestemmia! bestemmia!), come pure Carlo Martello.
Ma quelle citate valgono ampiamente il disco.
Walter Pistarini