Pontassieve FI

Stadio comunale
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Note

Ho appena scoperto questo bel sito.
Volevo raccontare anche io il mio ricordo di Faber.
Era il 1998 e mamma mi portò a un suo concerto, a Pontassieve (FI) dove abito ancora.
Mi ricordo una coperta buttata in terra, avevo 9 anni, era piccola, dopo un po' cedetti al sonno. Mamma mi svegliò per due canzoni, Bocca di Rosa, che mi piaceva tanto, e per Volta la Carta, che la mamma mi faceva cantare per farmi stare buona mentre mi asciugava i capelli.
Mi ricordo che le donne lanciavano reggiseni sul palco e che mamma e la sua amica ridevano un sacco perché io non ne capivo il motivo.
Mi ricordo un sacco di gente, ma non sembrava di essere a un concerto, sembrava una grande festa.
Il concerto di Fabrizio è il ricordo più prezioso che possiedo.
Giada

Concerto a Pontassieve (Fi)
Tratto dal mitico sito di Corrado Fantozzi

Terminato il Tour '97 nei Palasport, Fabrizio De André aveva detto che si sarebbe fermato. Poi, uscita la raccolta Mi innamoravo di tutto, ci ha ripensato: prima una tournée nei teatri (la sua dimensione più congeniale), poi quella estiva all'interno di rassegne più o meno note. A conti fatti, è da un anno e mezzo che De André fa concerti, e questo è di per sé un evento, al pari del prezzo del biglietto della data svoltasi nello stadio di Pontassieve, 12.000 Lire: un'inezia, se la si rapporta sia col valore dell'artista sia con i prezzi abituali di De André. L'autore ha cambiato scaletta: non più due parti distinte, la prima dedicata alla riproposizione fedele di Anime salve e la seconda incentrata sui brani in dialetto e sui grandi classici, bensì 23 canzoni con costante alternanza di vecchio e nuovo. Scelta giusta, perché così facendo si permette la congettura allo spettatore, intento ad indovinare quale sarà il prossimo brano eseguito.

Dopo la breve performance di Oliviero Malaspina, De André ha aperto con Dolcenera, Khorakhané, Don Raffaé ed Anime salve. Prima di Princesa, De André si è esibito in un monologo sulla "solitudine": così come il secondo sermone, atto ad introdurre le canzoni desunte dal capolavoro La buona novella, sono state due omelie terribilmente didascaliche. E' poi arrivata, evviva, quella suite di inarrivabile bellezza che risponde al nome di Amico fragile, resa immortale dall'arrangiamento sublime della PFM durante il mitico tour del 1978.

La prima parte si è conclusa con Le acciughe fanno il pallone, Disamistade ed altre due gemme, L'infanzia di Maria ed Il testamento di Tito, con un vestito musicale tanto povero quanto felicemente evocativo. Dopo l'ormai abituale mini set del figlio Cristiano, artefice di una bellissima folk version di Nel bene e nel male e di Che gran confusione, il padre ha ripreso possesso della sua sedia inanellando ennesimi capolavori, tratti da Creuza de mà e dalla side B di Le nuvole: Creuza de mà, Megu Megun e la struggente Sidun. Si sono poi succedute Avventura a Durango, Ho visto Nina volare, Bocca di rosa, Fiume Sand Creek, Geordie (duettata con la figlia Luvi) e Smisurata preghiera. Tra le ovazioni di un numerosissimo pubblico (6.000 persone circa), De André è rientrato per una serie di bis che hanno assecondato la voglia degli spettatori di alzarsi e ballare un po': Jamin-a, Il pescatore, Volta la carta e Zirichiltaggia.

Oltre che la bravura dei musicisti - in prima linea il chitarrista Ascolese, l'eterno Ellade Bandini ed un Cristiano De André che in veste di polistrumentista non ha fatto rimpiangere nè "Violino" Fabbri nè Pagani - la bella serata di Pontassieve ha permesso di apprezzare nuovamente il genio di Fabrizio De André. Da più di trent'anni, il nostro scrive dei testi straordinari. Si è costantemente rimesso in gioco. Non ha mai accettato etichette.
La sua voce ha fatto come il vino buono, che migliora con l'invecchiare. Inoltre, dato fondamentale, a differenza della maggioranza dei suoi  colleghi (mai liricamente geniali quanto lui), De André ha da sempre sopperito alla "balbuzie musicale" con la scelta illuminata di collaboratori di raro talento: New Trolls, Reverberi, Piovani, PFM, Prudente, Bubola, Pagani, Fossati. Ecco perché di lui si ricorderanno tutti, e di tanti altri no. Perché la Storia è esigente.

Andrea Scanzi